La Stampa, 25 febbraio 2015
Segreto bancario, chi non aderisce alla voluntary disclosure rischia sanzioni fino al 450%. Ma la procedura per autodenunciarsi è complicata e il tempo è poco
Il paradiso non c’è più. La fine del segreto bancario tra Italia e Svizzera mette all’angolo i contribuenti infedeli che hanno depositi nella Confederazione. Dopo la firma dello storico Protocollo italo-elvetico, inizia la raffica di richieste di chiarimenti agli studi di commercialisti e alla banca di fiducia.
Il messaggio è chiaro: dal 23 febbraio 2015 non ci saranno più opacità sui capitali dei cittadini italiani depositati nei forzieri delle banche elvetiche (e presto anche di quelle monegasche e del Liechtenstein). Ma cosa vuol dire in concreto? Significa che l’Agenzia delle Entrate potrà, a partire dal momento della ratifica del trattato da parte dei due Parlamenti (e in Svizzera servirà anche il Referendum), chiedere informazioni sui singoli cittadini italiani. I dati chiesti riguarderanno il periodo che andrà dal 23 febbraio in poi.
Fra tre anni
Dal 2018, anno in cui tra Italia e Svizzera scatterà lo scambio automatico di informazioni, si salirà di livello. A quel punto, ci spiegano gli esperti, gli 007 del Fisco potranno fare anche interrogazioni su intere “categorie” di correntisti presunti infedeli. Nel mirino potrebbero finire tutti coloro che hanno chiuso il conto svizzero o che lo hanno svuotato, così come quegli italiani che hanno chiesto la residenza nella Confederazione. Indirettamente viene suggerito che è meglio correre ad autodenunciarsi aderendo alla Voluntary Disclosure, l’emersione volontaria partita il 1° gennaio di quest’anno e operativa fino a settembre. «Sennò, se pizzicati, si rischia un conto ben più salato che può anche raggiungere il 145% del capitale, fino a picchi del 450%» spiega Michele Muscolo, consigliere delegato di Generfid (Gruppo Generali). Con la Voluntary ci si ferma al 5,6% per i casi più semplici come quello dell’eredità da anni in Svizzera, fino all’80-90% di chi ha operato molto sul conto oltreconfine. In più, la stipula del trattato ha reso la Voluntary molto più “leggera” perché adesso la Svizzera non è più nella black list e quindi la “sanatoria” sarà fatta soltanto sugli ultimi 4-5 anni (e non più su 8-10).
Una via di uscita facilitata quindi. E invece no perché la Voluntary presenta ancora molti punti che dovranno essere affinati. L’eccesso di complicazioni e di oneri vari rischia di frenare questo strumento. La finestra di tempo poi è ridottissima. E gli operatori già parlano di una proroga in arrivo.
Non solo conti correnti però. Negli studi di commercialisti in questi giorni ricorre la stessa domanda. La mia cassetta di sicurezza nel caveau elvetico è al riparo? Ovviamente no perché nel momento in cui l’Italia farà richiesta di informazioni la Svizzera dovrà rispondere anche sui contenuti di queste forme di deposito come pure sul possesso di abitazioni sul territorio elvetico o di partecipazioni in società. Non si sfuggirà più all’occhio della Finanza.