Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 25 Mercoledì calendario

La sfida di rifare la Grecia è importante per tutti, non solo per chi la governa. Si è deciso di farla restare nell’euro, si deve ora saper collaborare per renderla più europea. Ma del programma di Syriza non resta molto

Non somiglia affatto al programma elettorale di Alexis Tsipras il documento greco approvato ieri dall’Eurogruppo; ma è anche assai vago. Conferma che venerdì scorso si è siglato un compromesso politico. In prospettiva, può darsi che risulti un compromesso sbagliato: ancora troppo rigore, per contentare i tedeschi, non abbastanza riforme, perché in Grecia a chiunque sono difficili.
Molto è affidato a quanto sapranno lavorare insieme le autorità europee e un governo greco ancora con le spalle al muro perché ancora privo di finanziamenti certi almeno per due mesi. Un rischio importante è indicato da Mario Draghi nella lettera che la Bce ha inviato ieri all’Eurogruppo: a vecchie pratiche di malgoverno ad Atene non se ne devono sostituire di nuove.
La Bce invita a definire subito i termini di alcune promesse che Tsipras intende mantenere. Se si annuncia che non saranno sfrattate le famiglie non in grado di pagare le rate del mutuo, occorre chiarire che si interverrà sulle morosità preesistenti, altrimenti molti cominceranno a non pagare adesso; così come la rateizzazione-condono dei debiti fiscali non dovrà applicarsi a chi evade ora.
La Grecia ha appunto bisogno di legalità e di regole chiare; non di estendere l’illegalità ad altri.
Finora i controllori esteri avevano insistito fino in fondo sui «tagli» (a spesa pubblica e retribuzioni) di un programma di austerità troppo rapido, lasciando correre sul resto, salvo qualche schematismo dottrinario su meno Stato. Era una forma di cinismo da parte dei Paesi creditori.
Ora in diversi casi il governo greco chiede aiuto esterno, ad esempio per mettere in piedi una anagrafe tributaria o per riorganizzare la sanità. Sarà più facile superare le resistenze ideologiche dell’ala dura di Sýriza se si offriranno soluzioni pragmatiche, invece di schematismi. Occorre saper spiegare ai cittadini che si dà spazio al mercato per far funzionare meglio, non per il vantaggio di qualcuno.
Sulle privatizzazioni appunto, come lamenta il Fmi, l’intesa è tutt’altro che chiara. La Grecia finora ha saputo solo offrire la scelta tra aziende pubbliche inefficienti e clientelari e cessioni a gruppi oligarchici, spesso a prezzo di favore. Nel testo di ieri la preferenza per la prima soluzione è scomparsa, come pure il riferimento ambiguo all’«interesse nazionale»; per il resto, chissà.
Non ci saranno nuove strette al bilancio. Ma non è possibile stabilire, ad esempio, se aumenterà l’aliquota Iva o no. Per compensare le annunciate erogazioni ai più poveri si sarebbe potuto intervenire sulla esenzione fiscale per le proprietà della Chiesa ortodossa o sulle ingenti spese militari: lo impedisce l’accordo di governo con il partitino di destra Anel.
Neppure si sa che cosa avverrà dei privilegi fiscali dell’industria armatoriale, potenza finora intoccabile anche data la minaccia di trasferirsi altrove. Il classico della sinistra pura e dura, l’imposta patrimoniale, è escluso perché lo Stato non è in grado di conoscerne le basi imponibili.
Ma proprio nelle sue parole limate e generiche la lista di ieri inventa un linguaggio comune tra sinistra greca e tecnocrati europei. Assomiglia a un corposo programma riformista: realizzarne un terzo sarebbe già gran cosa. Chissà quanto sarà traumatica per un partito estremo che era cresciuto accorpando tutt’altro, sindacati sconfitti, ceti medi in rivolta contro prebende perdute, transfughi politici dotati di pacchetti di voti.
La sfida di rifare la Grecia è importante per tutti, non solo per chi la governa. Si è deciso di farla restare nell’euro, si deve ora saper collaborare per renderla più europea. Alla chiusura dei 4 mesi ora concordati, se saranno iniziate efficaci riforme si dovrà compensarle con obiettivi di bilancio meno soffocanti.