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 2015  febbraio 25 Mercoledì calendario

In Siria l’Isis rapisce un centinaio di cristiani assiri caldei. E in Yemen, Paese diviso da una guerra civile tra ribelli sciiti e tribù sunnite, è stata sequestrata una francese che lavora per la Banca mondiale

«Siamo abbandonati». L’ultimo grido di dolore è della comunità cristiana degli assiri caldei che vivono tra la Siria e l’Iraq. Lunedì i villaggi cristiani della Siria nella regione del Khabour, vicino ai confini con la Siria e l’Iraq, sono trentacinque, sono stati attaccati dai miliziani dell’Isis. Le prime notizie, benché l’attacco sia cominciato prima dell’alba di lunedì, sono giunte quando in Italia era già la nuova notte: decine di famiglie prigioniere, chiese distrutte (quella cattolica di Tal Hermez, prima saccheggiata e poi data alla fiamme, era una delle più antiche della Siria). Donne e bambini sono in ostaggio in due villaggi in mano ai miliziani. Gli uomini sono stati separati dalle loro famiglie, e tenuti anch’essi come ostaggi. L’archimandrita Emanuel Youkhana ha fornito, ad “Aiuto alla Chiesa che soffre” dati precisi: «I terroristi – spiega l’alto prelato – hanno circondato due villaggi del governatorato di Hassaké (al confine con l’Iraq): Tel Shamiram e Tel Hormizd. Decine di famiglie sono state fatte prigioniere: 50 di Tel Shamiram, 26 di Tel Gouran e 28 di Tel Jazira, mentre altri 14 giovani (12 uomini e 2 donne) sono tenuti in ostaggio dai miliziani sunniti. Un 17enne di nome Milad è stato martirizzato e ucciso». La stessa Al Bayan, radio ufficiale dell’autoproclamato Califfato che trasmette via web da Mosul, in Iraq, ha confermato la cattura di «decine di crociati nei villaggi» siriani.
DOPO KOBANE
I miliziani dell’Isis hanno attaccato l’obbiettivo più fragile, probabilmente per reazione alla disfatta di Kobane dove a gennaio dovettero cedere ai combattenti curdi. I curdi catturarono un numero imprecisato di miliziani jihadisti, ed è per liberare questi – con uno scambio – che ora i miliziani di Abu Bakr al Baghdadi avrebbero rapito i cristiani. Mas’ud Barzani, presidente del Kurdistan iracheno, ha sempre cercato di convincere i cristiani caldei a non emigrare dalla regione, che vorrebbe Stato indipendente: «Noi moriremo tutti insieme, o continueremo a vivere tutti insieme con dignità». Ma a migliaia i caldei sono già emigrati negli Stati Uniti, o in Australia.
Gli assiri cristiani sono nel Khabour da quasi novant’anni, in fuga da un altro massacro, quello dell’esercito dell’allora Regno d’Iraq. Una storia di persecuzioni. «Voglio dire chiaramente – denuncia Jacques Behnan Hindo, arcivescovo siro-cattolico, all’agenzia Fides – che abbiamo la sensazione di essere stati abbandonati nelle mani di quelli del Daesh (l’Isis, ndr)». Durante l’attacco dei miliziani, prosegue Behnan Hindo «i bombardieri americani hanno sorvolato più volte l’area, ma non sono intervenuti. Abbiamo cento famiglie assire che hanno trovato rifugio ad Hassakè, ma non hanno ricevuto nessun aiuto dalla Mezzaluna Rossa e dagli organismi governativi siriani di assistenza, forse perché sono cristiani. Anche l’organismo per i rifugiati dell’Onu è latitante».
In evidente polemica con la Coalizione guidata dagli Usa, anche l’agenzia governativa siriana Sana sostiene che gli aerei americani «hanno sorvolato la regione senza attaccare i terroristi dell’Isis».
I rapimenti di massa potrebbero diventare non solo un sistema per uno scambio di prigionieri, ma far parte in una strategia preventiva dell’Isis che teme l’annunciato attacco alla sua roccaforte in Iraq, Mosul. Mentre probabilmente è solo per ottenere un riscatto che nello Yemen, ieri, è stata rapita una cittadina francese di trent’anni. Lo Yemen è diviso da una guerra civile tra ribelli sciiti e tribù sunnite. La donna, che lavora per la Banca mondiale, è stata sequestrata a Sana’a, e sarebbe nelle mani dei combattenti di Al Qaeda nello Yemen.