ItaliaOggi, 24 febbraio 2015
«Renzi ha capito una cosa che B., al contrario non aveva compreso. Che il punto non è entrare alla Rai con dei servi, ma battere il ritmo della vita pubblica». Parla Giuliano Ferrara
Non fa più il direttore del «suo» Foglio, Giuliano Ferrara, ma l’Elefantino non rinuncia a denunciare, come ha fatto ieri sul giornale ora affidato a Claudio Cerasa, la ripresa delle ostilità giudiziarie contro Silvio Berlusconi, alla vigilia della Cassazione sull’appello milanese che lo aveva assoluto sul Rubygate. Altre inchieste sui pagamenti alle testimoni di quel giudizio, che Ferrara definisce «la coriacea e subdola riproposizione del teorema dell’Arcinemico, del male assoluto, dell’uomo da sfasciare». Il motivo per sentirlo è, tuttavia, il primo anniversario del governo di Matteo Renzi, ricorrenza caduta in questi giorni. Il premier, com’è noto, è il protagonista del suo ultimo libro uscito per Rizzoli: Il Royal Baby, Matteo Renzi e l’Italia che vorrà.
Domanda. Ferrara, quel libro, assai bello, ha avuto però una sfortuna: è uscito praticamente quando il Patto del Nazareno è morto.
Risposta. Ma che dice? Il libro è arrivato in libreria quando quel patto ha celebrato i suoi fasti, con l’accordo sull’Italicum.
D. Sì, è vero. Di lì a poco, però, con l’elezioni di Sergio Mattarella, quell’intesa si è sgretolata.
R. Lei insiste...
D. No, volevo dire che, sostanzialmente...
R. Ah, ma è un’intervista o no? Mi lasci parlare...
D. Prego...
R. Voglio dire che questo non è un libro su Renzi, ma sulla sua continuità ideale con Berlusconi. Anzi, il libro contiene un’ampia citazione dantesca che prevedeva finissero per divorarsi l’un l’altro.
D. Certo lei cita il sesto canto dell’Inferno: «Dopo lunga tencione verranno al sangue, e la parte selvaggia caccerà l’altra con molta offensione». Prima però c’è il racconto di quanto lei veda i due somiglianti.
R. Ma perché, scusi, non ha visto domenica, Renzi su un palco, usare la retorica berlusconiana dell’ottimismo? E non è forse Renzi ad aver abolito l’articolo 18, quello che il Cavaliere voleva abrogare? E sa di chi era la prima firma della legge che voleva cassare il Senato come camera che votava la fiducia all’esecutivo?
D. Berlusconi, ha ragione. Ma pensa anche lei, come alcuni, che il Patto del Nazareno non sia morto e che sia solo accantonato?
R. Sa che non sono mai stato vittima di questa ossessione sul Nazareno e sul fatto che resista o non resista o sulla sua eventuale autodemolizione? Preferisco stare ai dati oggettivi.
D. E quali sono?
R. Che può vincere una linea o, tatticamente, un’altra, ma finché Berlusconi o chi per lui, non deciderà chi sarà il suo successore nel centrodestra, e mi pare che siamo piuttosto lontani da quel momento, l’unico equilibrio è costituito da questa possibile staffetta di contenuti con Renzi.
D. Successione lontana, lei dice. Ma Raffaele Fitto ha riunito le truppe.
R. No, Fitto non lo commento mai, mi scusi. Né tutte le iniziative, senza capo né coda, di cui siamo circondati, da Matteo Salvini a Maurizio Landini, che è l’ultimo arrivato. Sono cose di rilievo parassitario, piccoli satelliti.
D. Immagino, quindi, che non vorrà parlare neppure di Laura Boldrini e della sua pubblica invettiva contro l’uomo solo al comando.
R. Ma insomma, sono una persona di buon senso, anzi lo siamo in due. Le pare che ora ci mettiamo a discutere di queste cose? La Boldrini è una di Sel, che sta sullo scranno più alto di Montecitorio, e fa le sue sparate. Mica vorremmo perderci troppo tempo?
D. Ma qui, continuamente, si ammicca o si dice apertamente, che siamo sul limitare di una deriva autoritaria...
R. Sì, sì, l’uscita di Renzi dai binari della democrazia. Ma l’hanno detto di tutti: di Bettino Craxi, di Berlusconi, persino di Massimo D’Alema: non appena una leadership si palesa, arrivano nuovi insulti e teoremi come quelli del professor Gustavo Zagrebelski. Però ci faccia caso...
D. A cosa?
R. Che quando sono loro in maggioranza, gli altri sono sempre eversori, viceversa, quando sono in minoranza, ecco balenarsi la dittatura della maggioranza. Sono i soliti rissosi e inconcludenti.
D. Torniamo al centrodestra, un nuovo capo non c’è?
R. Non c’è, non c’è. I sondaggi parlano del sorpasso di Salvini su Berlusconi ma il Cavaliere, coi voti di Alleanza nazionale e di Umberto Bossi, costruì un governo di legislatura. Salvini, al massimo, ma se gli va proprio bene, può tenere il Veneto e la Lombardia.
D. Anche se qualche problemino, in Veneto, ce l’ha, con Flavio Tosi piuttosto arrabbiato perché gli avevano fatto alcune promesse...
R. Sì, e anche in Lombardia, perché Roberto Maroni mi pare sempre meno salvianiano. Per il resto che cosa c’è? Il «no all’euro» il collegamento a Marine Le Pen, ossia ai nazionalisti e sovranisti, insomma cose prive di senso. Ma dice: «Abbiamo triplicato i voti».
D. E infatti, così dice il segretario lumbard...
R. E grazie, ti sei approfittato dell’appannamento della destra. E poi Salvini a quanto può arrivare? Al 12? Al 15? Sarà un risultato che non conterà? Faranno come Beppe Grillo che aveva il 25%.
D. E che parrebbe mantenersi, più o meno.
R. Sì, certo, ma è come se non esistesse. Un fenomeno da studiare, che farà scuola. Uno che era arrivato dicendo: «Arresto tutti, spazzo via tutti».
D. L’apriscatole per il Parlamento...
R. Certo, le camere aperte come scatolette di tonno. Ora è ridotto a negoziare coi dissidenti e col sindaco di Parma, per cercare di difendere le posizioni.
D. È un po’ che @ferrarailgrasso, il suo profilo Twitter, non si interessa a Grillo, che lei chiama Gribbels, e ai grillini. Che fa, li ignora?
R. Allora si è perso un mio tweet, di un paio di giorni fa, quando notavo che il blog di Grillo era scivolato alla 171ma posizione. E a lui, che sbraita sempre contro il finanziamento pubblico, consigliavo di provare con le sovvenzioni di Stato, per tirarlo un po’ su.
D. C’è solo Renzi, quindi?
R. Sì, vede prima c’erano i partiti come luoghi di selezione della classe politica, per dare al teatro delle idee, alla conflittualità democratica il loro spazio. Ma poi, consunti, maturi per non dire marci, sono stati abrogati manu giudiziaria. Per cui nell’architettura istituzionale si procede per anomalie.
D. Quali?
R. Dall’anomalia B., l’imprenditore, a quella di Renzi, giovanissimo, ambiziosissimo leader di sinistra che, approfittando delle circostanze, elabora un disegno innovatore, abolisce l’articolo 18, cerca di fare alcune riforme.
D. Anomalie simili anche nella genesi...
R. Sì, specularmente, perché Berlusconi si afferma, nel 1994, vincendo nei quartieri operai di Mirafiori e Renzi ottiene il suo 40 per cento, alle europee di maggio, erodendo consensi al centro moderato. Ed è simile il carattere di leadership innovativa che li caratterizza. All’attuale premier manca, è vero, l’aggressione dei giudici ma è solo all’inizio, d’altra parte.
D. L’unica vera opposizione a Renzi è quella del mainstream mediatico e intellettuale che lei, nel libro, definisce dei «mezzani attempati dell’opinionismo»...
R. Storia che si ripete: oggi c’è l’»annuncite», col Cavaliere c’era il partito di plastica e via dicendo. C’è sempre un establishment che si ribella. Questi insegnano, sono dei donneurs d’idées.
D. Dove rischia il Royal Baby, Ferrara?
R. Rischia se non ci sarà ripresa, se la recessione durerà, se il tasso di disoccupazione crescerà, se le liberalizzazioni non si concretizzano. Beh, allora Renzi consumerà il proprio patrimonio di consenso. Però se invece, prenderà provvedimenti sensati...
D. Del tipo?
R. Tipo anche questo sulla scuola, che sarà pieno di demagogia, per carità, ma d’altra parte gli insegnanti solo il suo blocco sociale di riferimento, come lo erano gli imprenditori per B. Ne assumerà 150mila e ad alcuni ha dato 80 euro che, se aspettavano Susanna Camusso, erano ancora là ad attenderli.
D. Oppure la riforma Rai...
R. Anche quella. Perché Renzi ha capito che, da un’era geologica, gli Italiani si sono convinti che la Rai è in mano ai partiti e, se ora la stacca in qualcuno modo, rendendola indipendente, ci sarà consenso.
D. Modello Bbc?
R. Il modello non importa. Renzi ha però capito una cosa che B., al contrario, non aveva compreso.
D. E cioè?
R. Che il punto non è entrare alla Rai con dei servi, ma battere il ritmo della vita pubblica. La Rai seguirà, inevitabilmente. I giornali, alla fine, danno fastidio, con le loro opinioni «gufe» e rancorose, ma per gli obiettivi di Renzi, per il rapporto disintermediato che vuole avere con gli elettori, è meglio dettare l’agenda, sapendo che la tv ci sarà. E che è meglio una cosa fatta di un tweet, così come è meglio un tweet di editoriale malmostoso dell’establishment.
D. Al presidente del consiglio rimproverano una certa debolezza in politica estera...
R. Mah, intanto ha messo il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, come Alto rappresentante europeo.
D. Considerata debole, però...
R. Sì, debole, esclusa dal circuito di quelli che contano. Noi però siamo l’Italia, e non la Germania e Francia, siamo cioè strutturalmente ai margini da sempre, eccezion fatta per l’epoca dell’Italia filoaraba di Giulio Andreotti e di Bettino Craxi, e forse per il Berlusconi con Vladimir Putin. E in fin dei conti, Renzi sulla Libia mi pare abbia fatto e detto cose di buon senso: evitare avventure e cercare di fare qualcosa di più che attendere l’Onu. Anche se su Repubblica, ieri, Eugenio Scalfari ci ha spiegato che andrà da Putin e tornerà con niente in cambio.
D. Una specie di vaticinio...
R. Sì, che in nessun giornale al mondo lei potrebbe trovare. Ma vabbè.
D. E comunque sulla crisi Libia, Renzi non ha mandato Romano Prodi a trattare, ma Marco Minnitti.
R. Ci siamo intesi. Una scelta intelligente che dimostra come non si circondi solo di madonne aretine di capi di vigili, come qualcuno sostiene.
D. Ferrara, terminiamo questa chiacchierata con una frase che si trova nella parte introduttiva del suo libro e in cui lei dice che cercava in Renzi qualcuno che vendicasse questi 20 anni di antiberlusconismo. L’ha trovato? Lo può dire ancora?
R. Sì, anche se, da uomo della prima repubblica, la mia vendetta ideale sarebbe stata il ritorno dei partiti politici. Magari in una fisionomia europea, e non da guerra fredda, ma il loro ritorno.