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 2015  febbraio 24 Martedì calendario

Birdman, agli Oscar trionfa il film dimenticato a Venezia

ALL’ULTIMA Mostra del Cinema di Venezia la giuria aveva dimenticato completamente Birdman che adesso ha vinto quattro Oscar, al film, al regista, alla sceneggiatura e alla fotografia. Si sa che il palcoscenico degli Academy Award è il luogo più adatto per proclami hollywoodiani, seri o scherzosi, del tipo socio-politicosanitario- razziale, che almeno lì e in quella serata di sfarzo, raccolgono molti consensi.Milena CanoneroTRA smoking scintillanti, strascichi e scollature imposte da grandi firme in lotta sanguinosa tra loro. E infatti il bel regista Alejandro González Iñárritu, ritirando la sua statuetta, ha ricordato che l’anno scorso fu premiato Gravity di Alfonso Cuarón, messicano come lui (risata) «la cosa mi pare sospetta», mentre l’amico Sean Penn che lo presentava non ha mancato una spiritosaggine: «Chi è quell’idiota che concede i visti di immigrazione? Il governo dovrebbe imporre limiti di ingresso anche per gli Oscar» (risatina). Ma essendo il tema serio, Iñárritu ha poi auspicato (applausi impazziti) che «l’ultima generazione di migranti possa essere trattata con la stessa dignità e il rispetto che accolsero in passato chi poi costruì questa incredibile nazione di migranti».Naturalmente non poteva mancare l’appello femminista-finanziario, e infatti Patricia Arquette, Oscar all’attrice non protagonista di Boyhood, il film di Richard Linklater che segue per dodici anni la vita di una famigliola e inutilmente favorito per il miglior film, ha letto tuonando il suo proclama, rivolgendosi a «tutte le donne che hanno messo al mondo i contribuenti e i cittadini di questa nazione»: stessi stipendi e stessi diritti anche per le donne! E giù un delirio di applausi, più rumorose di tutti in platea Meryl Streep e Jennifer Lopez.Quasi tutti i film in gara già si vedono in Italia, il che non capita spesso, quindi si può giudicare se si è d’accordo o no. Miglior attrice la brava Julianne Moore in Still Alice? Per forza, quando mai si può ignorare l’Alzheimer («i malati non devono essere isolati e emarginati»), anche se deve essere stato difficile resistere alla giovane Rosamund Pike, rassicurante assassina di L’amore bugiardo. Miglior attore Eddie Redmayne in La teoria del tutto, anche qui per forza, perché il ritratto dell’eroico Stephen W. Hawking, grande fisico dal corpo accartocciato dalla sclerosi laterale amiotrofica, non poteva lasciar posto a Michael Keaton di Birdman anche se eccezionale nel ruolo di perdente.Prima della serata degli Oscar, molto si era deprecato sul razzismo delle nomination “bianche”, essendo quelle di colore solo due: Selma per il miglior film, sulla storica marcia di Martin Luther King Jr. (David Oyelowo, molto bravo ma non nominato) per i diritti civili nel 1965 (diretto da Ava DuVernay non nominata) e la canzone originale Glory, che ha vinto l’Oscar, il che ha incoraggiato le invettive dei due autori sul palco: «Contro la vita in una nazione carceraria, dove nelle galere oggi ci sono più neri degli schiavi nel 1850».Guerra e terrorismo, forse per scaramanzia, sono stati ignorati. Niente Oscar per American Sniper di Eastwood, ispirato all’autobiografia del cecchino Chris Kyle, che è onorato per aver ucciso in Iraq uno per uno 255 nemici, e poi a sua volta ammazzato. Niente Oscar tra i film stranieri al per altro molto bello Timbuktu della Mauritania diretto da Abderrahmane Sissako, che racconta l’arrivo dei terroristi islamici nel quieto e povero villaggio nel deserto. Ottimo comunque l’Oscar a Ida del polacco Pawel Pawlikowski, in bianco e nero, tra conventi, night club, pure giovinette, mature suicide, cattolici di oggi ed ebrei del passato. E l’Italia? Presto eliminato il nostro Il capitale umano di Virzì, abbiamo la fortuna di grandiose costumiste: e infatti l’Oscar per i costumi l’ha meritato Milena Canonero per il delizioso Grand Budapest Hotel di Wes Anderson. È il suo quarto, e solo Fellini ne ha vinti cinque, dopo Barry Lyndon, Momenti di gloria, Marie Antoinette.