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 2015  febbraio 24 Martedì calendario

Renzi vuole mettere le mani sulla Rai entro luglio ma Mattarella non vede di buon occhio il decreto legge. Già nel discorso di insediamento il capo dello Stato aveva parlato dell’abuso di questo strumento. Per cui ne controllerà scrupolosamente i requisiti di necessità e urgenza


La minaccia di procedere per decreto sulla Rai serve a Matteo Renzi soprattutto a fare pressing sul Parlamento e a stanare le opposizioni, ma il premier sa quanto sia difficile l’uso di questo strumento: perché è vero che i tempi sono stretti, ma è vero pure che tutti sanno quanto sarebbe rigoroso il capo dello Stato nel valutare la questione. Chi conosce Mattarella infatti può legittimamente immaginare che ogni decreto legge che arriverà sul tavolo sarà scrupolosamente controllato nei requisiti di necessità e urgenza. Del resto nel discorso di insediamento il capo dello Stato aveva parlato dell’abuso di questo strumento, indicando pure la soluzione: la riforma del bicameralismo all’esame delle Camere prevede i tempi certi per i provvedimenti del governo, quindi una sorta di corsia preferenziale costituzionalizzata. 

«Credo che la scelta dello strumento del decreto dipenda non dalla maggioranza, ma dall’atteggiamento dell’opposizione», avverte il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini. In questi giorni Renzi sta studiando la pratica e per portarsi avanti col lavoro incalza tutti i partiti sul bisogno di procedere spediti. Non è un caso infatti che il segretario della Commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, renziano doc, ha già chiesto a Boldrini e Grasso di concedere la corsia preferenziale per un disegno di legge da approvare con urgenza. Anche perché il consiglio di amministrazione eletto con la Gasparri scade ad aprile, tra un mese il premier vuole aver pronto un testo di legge da presentare per farlo votare in luglio, termine ultimo entro cui il cda può essere prorogato nel caso non riuscisse a votare il bilancio Rai prima che termini il suo mandato. 
Ma il clima politico arroventato con i grillini (Fico è il presidente della Vigilanza Rai) e la rottura del patto del Nazareno non saranno un buon viatico per la concessione dai presidenti delle Camere di una corsia preferenziale. La minaccia del decreto da parte di Renzi serve dunque a stanare chi già frena: se non si può procedere entro luglio con norma ordinaria, allora diventerebbe cogente l’argomento del decreto legge.
Ma il lavoro nel merito è solo agli inizi. Renzi è nella fase di ascolto, sta sentendo tutte le personalità con i requisiti giusti per fornire suggerimenti, da Freccero alla Annunziata, da Balassone a Sassano, esperti di frequenze, e via dicendo. Una cinquantina di personaggi con cui scambiarsi pareri. Ma il vero nodo politico di tutta la questione, a sentire chi la segue più da vicino, è uno solo: posto che si vuole cambiare la governance della Rai, riducendo il numero di consiglieri, chi li indicherà? Oggi spetta alla Vigilanza e al governo, e quindi c’è dentro la politica e i partiti. «Non è difficile uscirne – spiega Anzaldi – ci sono vari modi. Ad esempio la Bbc ha una fondazione, i cui membri indicono un concorso per il cda sulla base di curriculum». Ma ancora non è stato deciso un modello. Chi sceglierà i nomi? Questo è il dilemma.