La Stampa, 24 febbraio 2015
Camusso non ha escluso di poter lanciare un referendum abrogativo contro il Jobs Act, e Landini, pur precisando che non pensa a un partito, s’è detto disponibile a organizzare un movimento che punti a coagulare una maggioranza contro la politica economica del governo. Due provvedimenti che, se confermati, andrebbero sicuramente a favore di Renzi
L’ipotesi di un nuovo movimento, o addirittura di un partito alla sinistra del Pd, guidato dal leader della Fiom Maurizio Landini non preoccupa Matteo Renzi. Ma quando il premier domenica ha risposto a Lucia Annunziata che non è Landini che abbandona il sindacato, ma il sindacato che abbandona lui, sapeva di cosa parlava. I risultati, fallimentari per la seconda volta, dopo quelli di Pomigliano, dello sciopero proclamato a Melfi dal sindacato dei metalmeccanici della Cgil sono stati al centro ieri mattina di un vertice tra lo stesso Landini e la segretaria Susanna Camusso: il 2,8 per cento di adesione alla protesta, con la punta minima dello 0,95 (dati forniti dall’azienda) dimostra che la chiamata all’estensione dal lavoro contro gli straordinari chiesti dalla Fiat non è stata condivisa dai lavoratori. Melfi dunque come Pomigliano, che il 14 febbraio aveva visto solo cinque operai scioperare, mentre la Cisl vinceva le elezioni per le rappresentanze interne.
Nel giro di pochi giorni, dopo la decisione del governo di varare i decreti legislativi del Jobs Act, sia Camusso che Landini hanno accennato a iniziative politiche, non soltanto sindacali, che il sindacato potrebbe prendere nei confronti del governo. Così Camusso in un’intervista a Repubblica non ha escluso di poter lanciare un referendum abrogativo contro il Jobs Act. E Landini, pur precisando che non pensa a un partito, s’è detto disponibile con Il Fatto a organizzare un movimento che punti a coagulare una maggioranza contro la politica economica del governo.
Va detto che i due progetti, se confermati, in questo momento finirebbero molto probabilmente a risolversi a favore di Renzi. Il referendum sulla riforma del lavoro ricorda molto quello proclamato dal Pci con l’appoggio della Cgil, e perduto da entrambi, nel 1985, esattamente trent’anni fa, contro il taglio della scala mobile voluto da Craxi. E l’ipotesi di un partito antagonista, al quale non si unirebbe la minoranza bersaniana, decisa piuttosto a condurre la sua battaglia all’interno del Pd, non tiene conto delle difficoltà in cui versa da tempo la sinistra radicale, da Sel in giù, attraversata da tensioni e scissioni a favore delle riforme di Renzi. Il quale Renzi, si può immaginare, non vedrebbe l’ora di misurarsi in una consultazione elettorale che per il momento in cui cadrebbe, non prima del 2016 – a Jobs Act implementato e con gli effetti del disgelo della crisi che potrebbero manifestarsi più concretamente -, non lo vedrebbe certo in posizione svantaggiata.