Corriere della Sera, 24 febbraio 2015
Renzi, al Sisi e i 150 miliardi di dollari che vuole investire. Il presidente egiziano, a metà marzo, presenterà un piano di progetti per riportare la crescita nel proprio paese sollecitando partner internazionali. E l’Italia è in prima linea
Sarà quasi certamente il presidente del Consiglio Matteo Renzi a rappresentare l’Italia alla Conferenza di Sharm El Sheik a metà marzo, nella quale il governo egiziano presenterà 120 progetti di investimento per un valore di ben 150 miliardi di dollari, sollecitando la partecipazione dei partner internazionali. Tra i quali l’Italia, come dimostra la scelta di presentarsi al più alto livello possibile, punta ad essere in primissima linea, consolidando così l’alleanza strategica, economica e politica, che i due governi stanno costruendo da mesi.
Renzi è stato il primo e finora unico premier europeo a venire al Cairo in visita ufficiale dopo l’elezione di Abdel Fattah al Sisi, che ha già ricambiato la visita a Roma, il primo a telefonargli dopo il massacro dei 21 lavoratori copti in Libia da parte dell’Isis e a sollecitare un’alleanza operativa con Egitto ed Algeria per combattere il terrorismo. Una settimana fa è venuto il sottosegretario alla Presidenza, Marco Minniti, ad esprimere la solidarietà del governo italiano. Poi, sabato scorso, è arrivato l’amministratore delegato dell’Eni, il principale operatore petrolifero straniero in Egitto, che punta a nuove concessioni esplorative. E ieri il governo Renzi si è presentato al Cairo con la più grande delegazione di imprese (90 aziende, 190 partecipanti) mai vista da queste parti.
Fuori programma, Al Sisi le ha volute incontrare. Informatissimo anche sui dettagli dei progetti più piccoli, è stato un’ora e mezzo a discutere con loro, con il sottosegretario allo Sviluppo, Carlo Calenda, che guida la missione, con i rappresentanti della Confindustria, c’era Licia Mattioli, dell’Abi, rappresentata da Guido Rosa, e di Intesa San Paolo, che controlla la prima banca straniera del paese, la Bank of Alexandria. In concreto, Al Sisi intanto ha portato a casa l’impegno italiano a triplicare le forniture di pescherecci (dai 150 previsti a 500), ma soprattutto ha cercato di dare rassicurazioni sull’avanzamento del piano di riforme economiche e di stabilizzazione democratica del Paese dopo i capovolgimenti degli ultimi tre anni.
Il processo è in corso, ma è minacciato su più fronti. Ad ovest c’è la Libia nel caos più totale (che è una minaccia anche per l’Italia e che ieri, per inciso, ha disdetto tutti i contratti con le nostre imprese), ad est c’è il Sinai in ebollizione, chiuso agli stranieri e sotto coprifuoco, all’interno del paese i Fratelli musulmani che non si rassegnano alla deposizione dell’ex presidente Morsi. Le elezioni del Parlamento previste a fine marzo, per giunta, saranno probabilmente rinviate.
La Conferenza di Sharm è dunque un appuntamento cruciale per l’Egitto. Da quei 120 progetti passano le speranze di riportare la crescita del Pil, dal 2-3% attuale, insufficiente per creare nuova occupazione, al 6-7%, ridurre il deficit ed il debito pubblico accumulati. Per favorirne i risultati, ha detto ieri il ministro degli Investimenti, Ashraf Salman, il governo varerà nei prossimi giorni anche «una nuova legge sugli investimenti» e introdurrà l’Iva al posto della tassa sulle vendite. Alla Conferenza si attendono i ministri del Tesoro e dell’Industria di mezzo mondo, accompagnati dalle imprese, e qualche primo ministro. Soprattutto quelli più interessati alla stabilizzazione dell’Egitto, a cominciare dai paesi del Golfo, che hanno già dato ad Al Sisi aiuti molto consistenti. Forse ci saranno i leader di alcuni Paesi del Nord Africa, forse anche il francese François Hollande. E quasi sicuramente Matteo Renzi. «Ci teniamo. E confidiamo molto nella sua presenza», dice Salman.