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 2015  febbraio 23 Lunedì calendario

Quel parcheggio abusivo che non costa meno di due euro. E se non paghi al ritorno trovi le gomme a terra

Ci sono minuscole particelle di violenza sospese nell’aria che nessuna centralina meteo può percepire e che pure sono in grado di rovinarti la serata. Prendiamo, ad esempio, i parcheggiatori abusivi: a Roma non chiedono più, pretendono. Ti segnalano un parcheggio che hai già visto e ti sei già guadagnato da solo, ti affrontano mentre esci dalla macchina e aspettano guardandoti dritto in faccia in quel modo torvo ormai adottato da quasi tutti noi per muoverci sulle strade della Capitale. 
Se gli dai un euro, lo valutano schifati sul palmo della mano e ti dicono «è poco», oppure direttamente «damme due». Lo dicono nello slang locale, anche se vengono dai posti più diversi, Romania, Bangladesh, Campania. «So’ du euro», questa è quindi la nuova tariffa. Ovviamente ti puoi rifiutare, anche tu a brutto muso, puoi dire «chiamo i vigili» eccetera, ma sai che i vigili non verranno e tu, al ritorno, troverai le gomme a terra. 
Si dice che ai concerti del Palalottomatica arrivino anche alle mani – non sai, non vai ai concerti – ma anche senza un vero e proprio scontro fisico, finisce che paghi i due euro. Ora, intendiamoci, è una piccola cosa, ma questa piccola cosa, in realtà un piccolo sopruso, anche se provi a gettartela alle spalle, resta a bruciarti nello stomaco per tutta la cena. 
Le grandi città hanno confini più permeabili, si prestano ai piccoli commerci abusivi, servizi vari come il ragazzo che ti aiuta a portare le borse della spesa alla macchina, l’uomo che ti lava i vetri, quello che ti mette la benzina al self-service, servizi molto spesso utili, o perlomeno comodi, che ricompensi volentieri. Ma che un uomo pretenda il pizzo per farti stare tranquillo a casa di amici (o al concerto) è un po’ diverso. Si tratta di un’esasperazione del conflitto sociale, beninteso però, non tra il mondo dei ricchi e quello dei poveri parcheggiatori finalmente riuniti in corporazione grazie a un’improvvisa coscienza di classe, bensì tra il mondo della legalità e il mondo del crimine. 
Lo slittamento dall’offerta spontanea all’estorsione è potuto avvenire solo perché ora i parcheggiatori sono le terminazioni nervose – più innocue? più visibili? – del racket. Che sia la camorra o la fasciomafia capitolina, è comunque un veleno a lento rilascio. È come se dicessero: «Ci siamo presi i bar, le pizzerie, i ristoranti e adesso ci prendiamo anche la strada, ti ci devi abituare». E alla fine ti abitui, in fondo che male c’è a dare due euro all’ultima recluta della soldataglia camorrista? Da un altro punto di vista, è solo un poveraccio meno simpatico e più sindacalizzato del vecchio che fino a qualche anno fa ti chiamava dotto’ e ti teneva la macchina in seconda fila. 
Eppure, è una violenza che non smette di ferirti, di umiliarti, una violenza parcellizzata al punto da risultare quasi inoffensiva, che permea tutto e avanza e avanza, fino a quando non ti accorgerai nemmeno più di esserti definitivamente intossicato.