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 2015  febbraio 23 Lunedì calendario

«Io il Vaffa non l’ho mai detto e non mi sogno di farlo». Parla Federico Pizzarotti, il sindaco di Parma. «La città è ricca e dobbiamo usare ciò come trampolino per ripartire. Bisogna metterci la faccia, non basta più stare dietro le quinte»

 È una domenica difficile per la città con lo stadio chiuso e il morale sotto i tacchi. Il sindaco Federico Pizzarotti è alla sua scrivania, non vuol arrendersi al declino e per chiamare alla riscossa non esita a usare gli argomenti dell’antropologia positiva. «Non si può dipingere tutto a tinte fosche. Non mi piace che si faccia politica così, che alcuni esponenti del Pd in città trasformino l’opposizione in rissa. Bisogna dare spazio alla speranza».
Il Pd vi rende pan per focaccia visto che il M5S non è certo tenero verso Renzi. In fondo siete il partito del Vaffa.
«Non mi interessa se il Movimento a livello nazionale segue questo indirizzo. Ho le mie idee e anzi se la parabola del M5S è quella che vediamo dipende proprio da un certo modo di fare l’opposizione. Dire che tutto va male non serve, ci vuole un cambio di paradigma culturale. Io il Vaffa non l’ho mai detto e non mi sogno di farlo. E sostenere che la classe politica è tutta uguale serve solo a disorientare i cittadini e aumentare le astensioni».
Comunque Parma è attraversata da una congiuntura astrale negativa. L’aeroporto vicino a chiudere, la squadra di calcio allo sbando, il Regio declassato, il debito che resta altissimo.
«Il debito lo abbiamo ridotto a 550 milioni. L’aeroporto è da 10 anni in questa situazione a causa di una linea di galleggiamento. Invece o lo ingrandisci o lo chiudi. Bisogna cercare un investitore da 50 milioni in su e un piano decennale».
I cinesi della Izp sembravano rispondere a questo identikit.
«Ci si è appiattiti troppo sulla loro offerta. Occorreva un bando pubblico».
Perché tutti i faccendieri del calcio internazionale si danno convegno a Parma?
«Tante cose non capisco. Eppure la squadra è il terzo brand della città dopo parmigiano e prosciutto e quindi me ne devo occupare. Ma quando vengo a sapere che ci sono a libro paga 250 calciatori mi cadono le braccia. Manenti non è più credibile, non c’è voglia di presidenti di questo tipo. Se lui non è in grado di continuare, si faccia da parte e basta».
Ha avuto contatti con imprenditori disposti a rilevare il club?
«Concordo che non possiamo stare ad aspettare che per ogni cosa intervenga Barilla, ci sono però persone credibili e solvibili che sarebbero anche disposte a farsi avanti e che si ritraggono. Oggi è difficile stimare persino quanti soldi servano per ripartire. L’obiettivo comunque è ricominciare dalla serie B ed evitare ulteriori retrocessioni».
E il Teatro Regio? I giudizi parlano di una stagione anch’essa di serie B.
«Ho ereditato un Regio con 11 milioni di debiti. Lo abbiamo risanato chiudendo il bilancio in pareggio. Il programma è stato dimezzato ma anche i finanziamenti da Roma lo sono stati. Ma se il Regio rappresenta l’orgoglio di una comunità mi aspetto che si contribuisca a tenerlo in alto. Non si può solo criticare, ci vuole uno scatto di reni. E allora bisogna riempire il teatro così come un tifoso deve andare allo stadio. L’eccellenza è fatica».
Come spiega che l’economia reale di Parma è viva e vegeta mentre l’economia amministrata prende solo schiaffi.
«Parma non è in declino, vive gli stessi problemi dell’Italia. La città è ricca e dobbiamo usare ciò come trampolino per ripartire. Bisogna metterci la faccia, non basta più stare dietro le quinte. Non so se a Parma esistano dei poteri forti, al tempo della vecchia Parmalat mi dicono di sì, ma forti o non forti è il momento che non si nascondano».