La stampa, 23 febbraio 2015
«La Rai non è il posto dove i singoli partiti vanno e mettono i loro personaggi, ma è un pezzo dell’identità culturale ed educativa del Paese. E allora non può essere disciplinata da una legge che si chiama Gasparri. Cambieremo questo». Queste le parole di Renzi dalla Annunziata, ieri su RaiTre. La replica del vicepresidente del Senato: «Finché resta pubblica il dittatorello fiorentino dovrà rinunciare ai sogni di vana gloria». Poi via con insulti e polemiche su twitter
Riforma per legge o decreto che sia, sulla Rai le vie della lite sono infinte e passano da Twitter. Matteo Renzi parla di televisione pubblica e lo fa alla mattinata Pd sulla scuola, per poi ripetere su Rai Tre da Lucia Annunziata. «La Rai non è il posto dove i singoli partiti vanno e mettono i loro personaggi, ma è un pezzo dell’identità culturale ed educativa del Paese. E allora non può essere disciplinata da una legge che si chiama Gasparri. Cambieremo questo». Apriti cielo. Anzi, apriti Twitter. Il «nominato» Gasparri non si tiene: «@Matteo Renzi è un vero imbecille». E ancora: «Con decreto ha favorito speculazioni su banche popolari, ha un padre di cui vergognarsi, è un arrogante, finirà male politicamente». Poco prima aveva dichiarato che «finché la Rai resta pubblica il dittatorello fiorentino dovrà rinunciare ai sogni di vana gloria». Se vuole riformare la Rai «si accomodi», continua Gasparri, «ma deve rispettare la legge, che sulla formazione del Cda è chiara lasciando al Parlamento la scelta». Mentre il padre del premier, Tiziano Renzi, annuncia querela (in riferimento ai tweet e retweet) continua la battaglia a colpi di battute tra gasparriani e renziani. «Grazie a una legge chiamata Gasparri la Rai è arrivata sul digitale e si è modernizzata prima di altri. Renzi si rassegni», cinguetta Mariastella Gelmini, vice capogruppo vicario Forza Italia alla Camera. Il gruppo 5Stelle in Vigilanza Rai manda a dire al «Il premier più sovraesposto in Tv» che «se, a suo dire, il servizio pubblico non può essere disciplinato da una legge che si chiama Gasparri, è anche vero che non può essere disciplinato da un decreto che si chiama Renzi». L’Usigrai gioisce: Finalmente si va al cuore del problema. La riforma della governance annunciata da Renzi è passaggio decisivo». Lui Renzi non frena: «Si parte a marzo», forse per decreto legge: «Dipenderà dai tempi parlamentari. Se sarà possibile faremo il ddl. Se ci sono le condizioni di necessità e urgenza faremo il decreto come prescrive la Costituzione». Non ci sarebbe ancora una data precisa per la presentazione in Consiglio dei ministri, ma il governo lavora a un testo articolato. Per la governance l’introduzione di un amministratore delegato, un cda ridotto, (forse 5 membri), nominato in base a criteri che lascino la titolarità al Parlamento, la riforma del canone, per ridurre l’evasione; l’anticipo del rinnovo della convenzione, in scadenza nel 2016. Il premier vuole arrivare al rinnovo in estate o, al massimo, in autunno.