La Stampa, 20 febbraio 2015
Il Parma è peggio della Grecia. Non paga gli stipendi (da sette mesi), le tasse (la Procura gli ha chiesto 16 milioni), non ha soldi neanche per hotel e steward e domenica, con l’Udinese, forse giocherà a porte chiuse. Intanto Tavecchio cerca una dignitosa fine di campionato. Poi si penserà a trovare un proprietario vero
Si potrebbe dire che il Parma Calcio è come la Grecia, ma sarebbe sbagliato. È peggio. Non è un’iperbole, quando cambi sei presidenti e tre proprietari in due mesi, hai un debito cresciuto del 1200% in sette anni e pari a quattro volte il fatturato (ad Atene in proporzione meno della metà: dilettanti); quando la Procura chiede il fallimento per 16 milioni di tasse non versate, ti pignorano la palestra e ti sequestrano i pulmini, costringendo le squadre giovanili ad andare a giocare con l’auto dei papà; quando non paghi gli stipendi da almeno sette mesi, non sai come prenotare l’hotel per la prossima trasferta e non hai cinquemila euro per gli steward di domenica (forse si gioca a porte chiuse, con inevitabile class action degli abbonati).
A questo siamo, nella città che meglio di ogni altra ha recitato la narrazione della deriva italiana nel ventennio delle bolle di sapone. Dieci anni fa la Parmalat, quattro anni fa il Comune, ora il Parma Calcio: il fallimento è ormai una categoria metastorica.
Dall’era Tanzi solo guai
L’epopea del capitalismo familiare che si fa multinazionale, il cavalier Tanzi che porta una piccola squadra di provincia alla gloria europea. Poi l’overdose finanziaria, i bond truccati, i risparmiatori raggirati. La galera. E in politica, stesso copione: un modello di governo tutto lustrini e grandi opere, la perversione di decine di società partecipate dal Comune per nascondere 600 milioni di debiti. E ancora arresti. Non restava che il calcio, con la lenta riconquista dell’Europa. Anche quella, si è scoperto, alimentata da artifici contabili su cui la Procura ha aperto un’inchiesta. A questo siamo, alla storia che si ripete diabolica, se è vero che mentre la Procura depositava l’istanza di fallimento della squadra del 2015, il tribunale fissava l’udienza preliminare del processo per il Parma di Tanzi, con undici calciatori imputati.
Mancano venti milioni
Tutto è come parte di un’unica sceneggiatura. Fausto Tonna, il ragioniere di Tanzi che taroccava le carte. Pietro Vignali, il sindaco berlusconiano che sognava una metropolitana da 24 milioni di passeggeri in una città di 180 mila abitanti. E i personaggi in cerca d’autore – il pingue Ghirardi, l’ineffabile amministratore Leonardi, l’enigmatico petroliere albanese Taci e i suoi sodali, dal gioielliere lodigiano Doca al rampante Kodra – che negli ultimi due mesi si sono accomodati al capezzale del Parma Calcio. Fino all’ultimo patron, Giampietro Manenti, che vive in una modesta casa a Limbiate nell’hinterland milanese, ha una società di consulenza in Slovenia con 7500 euro di capitale sociale e dovrebbe trovare in qualche giorno una ventina di milioni per garantire la regolarità del campionato. Quando gli è stato chiesto se fosse partito il primo bonifico, ha risposto: «Ha una domanda di riserva?». Ieri ai giocatori superstiti (e senza stipendio dall’estate scorsa) ha proposto di pazientare ancora un giorno. Il centrocampista Galloppa nemmeno è rimasto a sentirlo. A chi gli diceva che gli steward non vogliono più lavorare gratis (non vedono soldi da ottobre), Manenti ha risposto come se si fosse fulminata una lampadina: «Pazienza, ne troveremo altri».
L’intervento della Figc
In Comune assistono al melodramma «da spettatori sgomenti», parole dell’assessore allo sport Marani. Anche il Comune è tra i creditori, visto che il Parma dal 2011 non paga il canone per l’uso dello stadio Tardini (154 mila euro annui) e per questo è partito un decreto ingiuntivo. Ma da ieri sera il sindaco Pizzarotti – prima di incontrare i tifosi, è stato convocato a Roma da Tavecchio (Federcalcio) e Beretta (Lega) – non è più solo spettatore. La Federcalcio ha chiesto «soluzioni di emergenza» per evitare «in ogni modo» che il Parma non giochi. E ha implorato i calciatori di evitare azioni giudiziarie. Oggi arriva a Parma un emissario di Tavecchio. Una dignitosa fine di campionato; poi si cercherà un proprietario vero, possibilmente con un capitale.