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 2015  febbraio 20 Venerdì calendario

Il bipolarismo di Silvio. Nella dottrina di Arcore si può cambiare posto: purché i fronti siano due. Dalla diatriba delle primarie 2012-2013 al Milan, passando per Alfano

Il bipolarismo regge in Silvio Berlusconi grazie a Silvio Berlusconi. Lui soltanto non si arrende alla fine di un sistema ventennale venuto alla luce col referendum del ’93 e la legge elettorale uninominale, e battezzato l’anno successivo con la coalizione eccentrica, dalla Lega al Movimento sociale. In un mondo che perde il centro di gravità permamente – ossia la dialettica ebbra destra-sinistra della Seconda repubblica, e che entra in una Terza così straordinariamente asimmetrica, costituita di maggioranze variabili o alternative, e tutte ruotanti attorno al presidente del Consiglio – il capo di Arcore resta fisso al suo appiglio. O di qua o di là, magari provvisoriamente, in attesa di scambiarsi e riscambiarsi di posizione, ma sempre e comunque secondo tesi e antitesi. E siccome nessuno se non qualche vecchio arnese considera ancora Berlusconi l’Unto o il Demonio, e le vecchie linee di demarcazione sono state cancellate dal tempo, lo schema fuori dal giardino di Arcore ormai non funziona più.
Se fosse un semplice gioco di società, basterebbe segnalare il bipolarismo di famiglia, figli di primo letto contro figli di secondo letto, in garbatissima o riservatissima disputa; oppure il bipolarismo milanista, la rottamatrice Barbara contro il rottamando Adriano Galliani, tanto poi Barbara non rottama e Galliani non si fa rottamare, e la squadra segue l’ordine non rigorosissimo della diarchia. In realtà la questione è molto più seria, e va avanti da un po’ con ripercussioni luminose. Già si raccontò della spettacolare diatriba primarie sì-primarie no dell’inverno 2012-2013, con Berlusconi alla guida ora di una fazione ora dell’altra, fino all’indiscutibile vittoria di sé su sé. Fu il primo sintomo serio. Ora Forza Italia viene da una stagione lunga un anno in cui è stata con Renzi per le riforme ma contro Renzi per l’ordinaria amministrazione, senza che una parte prevalesse sull’altra, sicché si stava all’opposizione e/o in maggioranza, secondo i gusti di chi in quel momento passava di lì. E non è che adesso la parte pro Renzi sia stata davvero rinnegata, tanto è vero che Berlusconi conserva un capogruppo (Renato Brunetta, alla Camera) che è contro ogni ricucitura e un capogruppo (Paolo Romani, al Senato) che è a favore di qualche ricucitura. Fermissimo il primo, disponibilissimo il secondo. Si dice, fra l’altro, che i contatti con Palazzo Chigi siano già stati ristabiliti, e però, secondo il modello cronico bipolarista, dalle parti di Romani dicono che l’iniziativa è berlusconiana, dalle parti di Brunetta che l’iniziativa è renziana. 
È un metodo infallibile per certificare l’infallibilità di Berlusconi. Avrà avuto ragione nel farsela con Matteo (Renzi) e avrà avuto ragione nel farsela con Matteo (Salvini). Avrà avuto ragione nel cacciare (se ci riuscirà) Raffaele Fitto perché era contro il Nazareno, e nel premiare a portavoce unico Renato Brunetta perché anche lui era contro il Nazareno, ma era contro nel modo giusto. Così come Denis Verdini è stato punito per essere stato a favore del Nazareno ma adesso deve lavorare per rifondare il Nazareno, e dunque per rifondare la propria carriera e la propria onorabilità. Nel frattempo si trattano questioni periferiche: ci si allea col Nuovo centrodestra in Campania e con la Lega in Veneto, anche se la Lega non vuole allearsi in Veneto con gli alleati in Campania di Angelino Alfano, e anche se il Nuovo centrodestra non vuole allearsi in Campania con gli alleati in Veneto di Salvini. Ma qui c’è il sospetto di uscire dal bipolarismo per entrare nel bipolare, inteso come disturbo.