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 2015  febbraio 20 Venerdì calendario

L’espulsione di Luigi Lusi dal Pd è illegittima e, almeno per ora, l’ex tesoriere della Margherita, accusato di aver sottratto circa 25 milioni di euro e condannato a 8 anni in primo grado, è tornato nel partito. A stabilirlo è stato il giudice della terza sezione del tribunale civile di Roma

L’espulsione di Luigi Lusi dal Partito democratico è illegittima e almeno per ora e fino a nuova procedura l’ex tesoriere della Margherita, accusato di aver sottratto circa 25 milioni di euro, è tornato nel partito. A stabilirlo è il giudice della terza sezione del tribunale civile di Roma che ha recepito il ricorso presentato dall’ex tesoriere della Margherita che il 2 maggio dello scorso anno è stato condannato, in primo grado, a 8 anni di reclusione. Stando alla sentenza del giudice Stefano Cardinali, Lusi è stato espulso dal partito senza che fosse a conoscenza «degli addebiti sui quali la sanzione si fondava», non avendo pertanto la possibilità di difendersi dalle contestazioni che il partito gli muoveva. In teoria, il pronunciamento nel merito delle procedure adottate, potrebbe aprire la strada ad altri ricorsi di questo tipo se è vero che nel corso del 2014 il Pd ha espulso, con meno clamore, circa 500 iscritti.
IL RICORSO
Nel ricorso l’ex senatore chiedeva di «dichiarare nullo il provvedimento contenente la sanzione disciplinare massima prevista dall’ordinamento interno del Pd» e che venne adottata dalla commissione nazionale di garanzia il 6 febbraio del 2012. In quella data Lusi era stato cancellato dall’albo degli elettori e dall’anagrafe degli iscritti. Spiega che nel provvedimento del Pd si fa riferimento ad «un’inesistente ammissione da parte sua della responsabilità in ordine ai fatti che lo vedevano coinvolto in un procedimento penale appena iniziato e ben lungi dall’essere definito».
LA DECISIONE
Il giudice non entra nel merito della accuse ma spiega che il «provvedimento deve considerarsi illegittimo per non essere stato preceduto da alcuna contestazione in ordine agli addebiti sui quali l’irrogazione della sanzione si fondava». In sostanza il Pd, secondo il giudice, «non ha fornito alcuna prova di aver comunicato al Lusi l’intenzione di adottare il provvedimento». Quindi, l’esclusione dal partito «deve considerarsi in contrasto con i principi costituzionali che tutelano la libertà di associazione e il metodo democratico cui devono ispirarsi le associazioni partitiche che concorrono a determinare la politica nazionale». Nessun risarcimento danni, sebbene Lusi avesse chiesto 10mila euro, ma per il Nazzareno c’è l’ultimo smacco: dovrà pagare la metà delle spese processuali.