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 2015  febbraio 19 Giovedì calendario

Scatta la cassa integrazione per gli 81 dipendenti di Forza Italia. E l’alternativa potrebbe anche essere peggiore, l’«esubero» per 55 di loro, se oggi non venisse trovato l’accordo al ministero del Lavoro

Scatta la cassa integrazione a tappeto per gli 81 dipendenti di Forza Italia. E l’alternativa potrebbe anche essere peggiore, l’«esubero» per 55 di loro, se oggi non venisse trovato l’accordo al ministero del Lavoro. Le casse (come quelle di tutti i partiti, dopo la legge che cancella di fatto il finanziamento pubblico) sono a secco. E con lo smantellamento di sedi e iniziative politiche, arrivano anche i tagli più dolorosi, quelli sul personale.
L’appuntamento è per questa mattina, convocati gli amministratori di Forza Italia che hanno avviato le procedure per il ricorso agli ammortizzatori sociali e i rappresentanti dei lavoratori. E tre di loro risultano iscritti alla Cgil e da quel sindacato saranno dunque rappresentati. È una corsa contro il tempo, dead line il primo marzo.
Da quel giorno, le scarse risorse a disposizione (1,6 milioni di euro per il personale a fronte dei 5,7 degli anni passati) non consentiranno alternative alla Cig. La procedura è stata avviata dalla tesoriera Maria Rosaria Rossi con una lettera al dicastero dello scorso dicembre.
I dipendenti in realtà sarebbero 86, ma cinque sono in aspettativa non retribuita per cariche elettive. Ne restano 81 in servizio effettivo: la richiesta formalizzata è di cassa integrazione al 50 per cento delle ore lavorate per 44 di loro (a rotazione o con part time), a zero ore per i restanti 37. Ma la soluzione, nella sede di San Lorenzo in Lucina, viene considerata la migliore possibile, l’alternativa sarebbe stato l’esubero (per almeno 55). La cassa integrazione – se oggi sarà raggiunto l’accordo con la super visione del ministero – dovrebbe scattare dal primo marzo e avrebbe la durata di 12 mesi, rinnovabili per altri 12. I lavoratori in questione hanno percepito finora una retribuzione media di circa 1.400 euro mensili netti, destinata a essere decurtata e non di poco. L’amministratrice Maria Rosaria Rossi è fiduciosa, ma ammette le difficoltà. «Le risorse sono ormai al lumicino, per noi come per gli altri partiti – spiega – Nonostante questo, abbiamo fatto di tutto e con l’aiuto dei sindacati riusciremo a mettere in campo gli ammortizzatori sociali che consentiranno di tenere comunque in servizio gli 81 dipendenti, anche se nella formula della cassa integrazione. Posti di lavoro che speriamo di consolidare in futuro. Detto questo, anche il Pd e il governo dovranno farsi carico di una situazione che dal punto di vista legislativo non è più sostenibile». Già, perché analoghe difficoltà sta affrontando anche il Partito democratico. L’intento allora è quello di rimettere mano alla norma taglia finanziamenti varata sotto il governo Letta. Ma da Forza Italia sanno che sarà Renzi (e la sua maggioranza) a doversi fare carico dell’iniziativa politica impopolare ma «necessaria». Magari dopo le regionali. «Siamo più che preoccupati, io resto in servizio al 50 per cento, ma non sappiamo che ne sarà di noi nei prossimi mesi, se la situazione non cambia», racconta sotto anonimato uno degli 81 che dimezzerà dal primo marzo le ore di lavoro.
Già dallo scorso 3 ottobre il Pdl aveva messo in cassa integrazione a zero ore i suoi 42 dipendenti, ma nel loro caso con la certezza del licenziamento dal prossimo settembre, dato che quel partito si è estinto. Certo è che le casse vuote peseranno anche sull’imminente campagna per il voto di maggio in sette regioni. Comizi in piazza (dopo la ritrovata libertà di movimento dall’8 marzo), molta tv e poco altro, per Silvio Berlusconi, che al pari di qualsiasi privato cittadino non potrà “donare” al suo partito più di 100 mila euro l’anno. Forza Italia, con il suo disavanzo da 25,5 milioni si regge ancora grazie alle fideiussioni bancarie del leader per 83 milioni.