Corriere della Sera, 18 febbraio 2015
Ugo Zampetti, il segretario del Quirinale senza stipendio
In cinque minuti il consiglio dei ministri di ieri ha «condiviso» la nomina di Ugo Zampetti a segretario generale della Presidenza della Repubblica. Decisione annunciata il giorno prima dal Quirinale con la precisazione che «il dott. Zampetti eserciterà le sue funzioni senza compenso alcuno». La festosa evidenza che subito ha meritato questo dettaglio impone di spiegare il motivo per cui l’ex segretario generale della Camera non può prendere uno stipendio.
Da un anno esiste infatti una norma in base a cui i titolari di una pensione pagata dallo Stato non possono cumulare redditi derivanti da altri incarichi pubblici oltre a una somma di 300 mila euro annui. Non conosciamo i contorni esatti dell’assegno previdenziale spettante a Zampetti, pensionato della Camera dal mese di gennaio. Ma siccome la sua ultima retribuzione lorda non era troppo distante dal mezzo milione, siamo portati a ritenere che questo sia ben superiore a 300 mila euro. Il che esclude la possibilità di una retribuzione pubblica aggiuntiva. La norma, del resto, è stata già applicata ad alcuni consiglieri di Stato con pensioni elevate, i quali da un anno lavorano anche loro praticamente gratis. Si tratta di un’anomalia oggettiva, senza riscontri in nessun altro Paese.
Logica vorrebbe che anziché allo stipendio, gli alti burocrati chiamati a ricoprire ruoli così importanti dovessero rinunciare alla pensione per la durata dell’incarico. Cambia poco, si argomenterà: è sempre lo Stato che paga. Cambia invece moltissimo se si crede che le retribuzioni pubbliche, anche quelle più elevate, debbano essere legate al merito. Applicare questa regola a uno stipendio sarebbe possibile; a una pensione, no.
Ma prima bisognerebbe far capire a tutti che fra lavorare per il pubblico ed essere pensionati c’è una bella differenza. Tutti: compresi quelli che scrivono le leggi.