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 2015  febbraio 18 Mercoledì calendario

Ad Alba tutti in coda per salutare il patriarca Ferrero: «Uno di noi, gli abbiamo voluto bene perché era una persona umile». La camera ardente allestita nella fabbrica-casa

Sul piazzale della fabbrica hanno messo delle transenne inutili. La signora Graziella Priolo sa aspettare il suo momento. Ha un foulard a fiori e cammina piano, tenendo gli occhi a terra. «Vado a salutare Michelino», dice sottovoce. Ogni tanto si rigira l’orologio al polso, come una malinconia. «Questo me lo ha regalato lui – dice – era l’ultimo sabato di giugno del 1996. Una bellissima cerimonia, una cosa importante. Ha stretto la mano a tutti gli operai premiati. Anche a me. Mi ha detto “grazie”». È un Longines con la cassa d’oro e il cinturino in pelle, al posto della data c’è un numero fisso: 25. «Gli anni di lavoro alla Ferrero. Gli ultimi sette, li ho fatti tutti al reparto Rocher».
Coda incessante
La collina di Alba è imbiancata e dolcissima sotto il sole delle dieci del mattino. Tutte le strade sono state disseminate di piccoli cartelli con le indicazioni: «Camera ardente signor Michele Ferrero». Lui è dentro alla fabbrica, laggiù, sotto una grande tenda chiara, proprio nel punto di passaggio verso la produzione. La coda è incessante. Alcuni dipendenti la fiancheggiano, indossando le giacche beige da lavoro. È vietato scattare fotografie. Ma nessuno, qui, si azzarderebbe. «Non siamo mica gente che fa quella roba, come si dice?». I selfie? «Appunto».
Loro sono operai, sono figli di contadini, sono gente di Langa. Hanno capelli bianchi ben pettinati, labbra consumate dalla fatica, cravatte messe in mostra, senza esagerare, per rispetto. Vanno a ringraziare il patriarca, in un silenzio che inorgoglisce. «Io ho avuto tre padroni, ma nessuno era come il signor Michele», dice in lacrime Luigi Defilippi. Com’era? «Una persona seria...».
Adesso non parlano più, nemmeno una parola. Non è il momento, non si può, ora si vede la bara. A sinistra, c’è la Madonna di Lourdes. A destra, un crocefisso. Più a lato, stanno in piedi un carabiniere in alta uniforme e un dipendente vestito da lavoro. Quando la coda si stringe e si può passare, in quel punto, soltanto uno alla volta, si arriva davanti a un sorriso. È quello di Giovanni Ferrero, l’erede. L’unico rimasto, dopo la scomparsa improvvisa di Pietro, morto di infarto nel 2011. Anche lui stringe la mano e ringrazia ogni singola persona, come avrebbe voluto suo padre. Solo che adesso la signora Priolo sta vacillando, incomincia a singhiozzare, si tiene il viso, accelera il passo, per non farsi vedere. «Com’era magro, povero Michelino, com’era sofferente...», dice. Indossava una cravatta intarsiata azzurra, al collo aveva una lunga catenina d’oro con la croce. Fuori, verso l’uscita, hanno sistemato cinque tavolini per lasciare una firma e un ricordo. E tutti si fermano ad aspettare un altro turno. «Gli ho voluto proprio bene perché era una persona umile, come posso dire... Era uno di noi». Quattromila nomi alle 13, oltre diecimila alle fine della giornata. Ognuno, accanto, reca un indirizzo. «Viale Piero Masera numero 10». «Diano d’Alba». «Viale Risorgimento 4». «Borgata Ghioni» «Alba, San Rocco, Seno d’Elvio». «Strada Rossetto». Una minutissima geografia locale per rendere omaggio all’uomo che ha inventato il cioccolato più venduto nel mondo.
La tranquillità del futuro
«Mi ricordo che proprio qui, in fabbrica, aveva esposto la culla con suo figlio Pietro», dice Graziella Priolo. «Era come se lo avesse messo in vetrina per farlo conoscere a tutti, per darci la tranquillità del futuro. Io avevo 18 anni. Era stata una festa bellissima, con la tavola imbandita, i salatini e le bignole...». La vita e la morte. Sempre in questa fabbrica-casa, che adesso accoglie il paese intero, le autorità, i nonni, i padri e i figli. «Ho portato tutta la mia famiglia perché devono conoscere l’uomo che ha fatto così tanto per noi», dice Giuseppe Drago. C’è Lidia Gea, con il marito per 29 anni ai Tic Tac: «Il signor Michele era figlio di contadini, è partito con poco e guardate cosa ha fatto...». C’è Pasquale Salvatore, 29 anni, da Cosenza, con i suoi genitori: «Mi hanno assunto a 23 anni per il Grand Soleil, subito con un contratto a tempo indeterminato». Si vedono stampelle, passeggini, pellicce, giacconi lisi. Non manca nessuno.
All’ora di cena, davanti al Duomo, accanto alla casa che fu di Beppe Fenoglio, è tutto pronto. Alba contadina, Alba industriale, «La Malora» e «la Nutella», sono qui. Hanno messo gli schermi. Alle 11 verranno celebrati i funerali di Michele Ferrero. Se ne va con la stima e la riconoscenza di tutti. Lo dicono anche i cartelli sulle vetrine, nei negozi più diversi, che siano telefoni, libri, tartufi o Alba Kebab: «Siamo fieri di te. Grazie Michele».