il Fatto Quotidiano, 18 febbraio 2015
Al processo d’appello l’ex patron del Grinzane Giuliano Soria racconta la sua versione: «Regali e soldi in nero a intellettuali, giornalisti e vip. Elkann patetico pretese un viaggio a New York, Augias il più insistente per farsi pagare sottobanco. E poi quella festa di compleanno di Mercedes Bresso»
Ha aspettato anni prima di parlare, ma poi ha fatto nomi importanti. Alcuni su tutti, più importanti, sono quelli di Mercedes Bresso e Sergio Chiamparino, e poi personaggi di spicco della cultura come Corrado Augias e Alain Elkann.
Giuliano Soria, il patron del premio Grinzane Cavour condannato in primo grado a 14 anni e sei mesi di reclusione per molestie sessuali, maltrattamenti, truffa aggravata, tentata truffa e uso illecito di fondi pubblici, ha deciso di parlare solo ieri mattina nel processo d’appello. Ha nominato i personaggi famosi che ruotavano intorno al suo mondo: i politici foraggiati, i funzionari del ministero dei Beni culturali e i letterati che scroccavano viaggi e cene, gli attori che si facevano pagare in nero. Tutti insieme come in una grande cena di Trimalcione. Ne ha per tutti, così come ha scuse per i suoi ex dipendenti, in particolare il suo domestico che nel 2008 lo aveva denunciato per le molestie sessuali: “Provo dispiacere per il dolore che ho dato a Nitish. Ho trascinato i miei collaboratori per perseguire le mie finalità e il mio narcisismo”.
È dispiaciuto pure per la fine del premio a cui ha dedicato 28 anni della sua vita, capace di anticipare per 15 volte i vincitori del Nobel della letteratura, con una struttura organizzativa in grado di dare da mangiare a tanti. In particolare, di fronte ai giudici della Corte d’appello di Torino e assistito dai legali Aldo Mirate e Luca Gastini, Soria ha parlato dell’ex governatrice Bresso e del compleanno che le ha organizzato all’Hermitage di San Pietroburgo in concomitanza con un evento del Grinzane. Al marito, invece, avrebbe anche regalato stampe antiche per 6 mila euro. “Il vero attore di questi contributi regionali era Moisio (Roberto, ex capo di gabinetto della Bresso, ndr) e gli accordi venivano presi tra me, Bresso e Moisio. Se Bresso era chiamata “la zarina”, Moisio era il suo Richelieu”, ha aggiunto per discolpare il fratello Angelo, ex dirigente condannato a sette anni per falso e peculato: “Le decisioni venivano prese sopra la sua testa”. Poi c’erano altri eletti. “Abbiamo aiutato economicamente in nero l’assessore Leo”, cioè Giampiero Leo (Ncd), in carica dal 1994 al 2005. Soldi pure Fiorenzo Alfieri, ex assessore comunale nella Torino retta Chiamparino, che per Soria sarebbe il destinatario di due “sostegni”. C’era anche l’attuale consigliere regionale del Pd Gianni Oliva, ex assessore alla Cultura della giunta Bresso: “Ha viaggiato con la moglie a spese del Grinzane Cavour… era appassionato di tartufi”.
Il procuratore generale Vittorio Corsi, nella sua requisitoria, ha ricordato come lui e la zarina fossero tra i difensori di Soria: “Oggi capiamo perché”. A partecipare agli eventi c’erano alti dirigenti del Mibac, ambasciatori e attori. Soria ha ricordato il viaggio in Messico dell’ex sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro e del direttore Maurizio Fallace con la moglie, quelli dell’ex dirigente del settore Cinema Gaetano Blandini e la presenza dell’ex direttore regionale ai Beni culturali Mario Turetta.
Gli ambasciatori italiani a Parigi partecipavano ai buffet nella sua casa di Parigi, da poco venduta per pagare arretrati agli ex dipendenti. Le star del cinema (Soria ha citato Giancarlo Giannini, Michele Placido, Stefania Sandrelli, Eleonora Giorgi, Isabella Ferrari, Charlotte Rampling) o i loro agenti preferivano cachet in nero per partecipare agli eventi. Infine gli scrittori: “Il più vorace era Corrado Augias”, ha dichiarato ai giudici della prima sezione. Alain Elkann è stato definito “patetico”: “Ha preteso di venire a New York con la moglie, un viaggio da 13 mila euro”. Philip Roth avrebbe preteso 30 mila euro per partecipare a un evento nella Grande Mela nel 2007. “A tutti questi casi dovevamo far fronte con fondi in nero”. Una “colpa collettiva”, ha detto per difendersi mentre Bresso, Moisio e Chiamparino respingono le sue accuse.
Alla fine però il pg Corsi ha chiesto una condanna leggermente più bassa per via delle prescrizione di alcuni reati: 11 anni, 9 mesi e 15 giorni di carcere per il patron; 6 anni e 8 mesi per il fratello Angelo; 2 anni e 10 mesi per il cuoco Bruno Libralon.