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 2015  febbraio 17 Martedì calendario

Biografia di Oriana Fallaci

Firenze 29 giugno 1930 – Firenze 15 settembre 2006. Giornalista. Scrittrice
• «[...] ha un vasto pubblico. Dicono i suoi editori che i tre libri più recenti, il cui tema dominante è il pericolo islamico, hanno venduto "a testa” un milione di copie; un cofanetto suggestivamente chiamato La Trilogia, contenente quegli stessi libri con aggiunte e modifiche, ha venduto "in un baleno” 200mila copie. Grande successo editoriale, dunque. Ma come mai, si chiedono gli amici del Corriere della Sera che ospita i suoi scritti, ”a questo furor di popolo non corrisponde un furor di dibattito nell’establishment culturale?". Come mai ”i chierici italiani tacciono”? Anche se non siamo chierici, accontentiamoli. Il successo, quando viene, non piove dal cielo. Fallaci è stata negli anni scorsi un’ottima giornalista, coraggiosa e intraprendente; ha intervistato personaggi famosi (con uno stile molto personale: le sue interviste, talvolta, si trasformavano in litigi); gode di fama internazionale, ha lettori in tutto il mondo. (...) In seguito ha abbandonato il giornalismo militante, e ha scritto romanzi, anch´’essi di successo. Riconosciamo i suoi meriti. Per quel che riguarda gli ultimi tre libri, tuttavia, la valanga di lettori non è dovuta soltanto alla capacità di scrittura. Il tema che essi trattano, sulla scia delle Torri Gemelle e di altri atti di terrorismo, e sotto la pressione di un’immigrazione invisa a molti, è profondamente sentito dall’opinione pubblica. Perché, dunque, questi libri non hanno dato l’avvìo a un dibattito? La risposta è semplice: è una questione di livello. I temi sono importanti, ma Fallaci li affronta a un livello francamente improponibile. Lei non ragiona: inveisce. E inveisce con affermazioni, e insulti, che non ammettono repliche. I musulmani, per lei, sono il demonio. Quando non gettano bombe e non sgozzano ostaggi, sono pur sempre coloro (cito le sue frasi) che tengono due o tre mogli e le schiavizzano, le umiliano in ogni modo, le ripudiano, ignorando che in Occidente picchiare la moglie e privarla della sua libertà è un reato punito dalla legge, "sicché il Pm Roja di Milano passa le giornate a processare tunisini e algerini e marocchini e pachistani e nigeriani e senegalesi che hanno sposato donne italiane le quali si presentano all’udienza col volto tumefatto”; per non dir nulla di quegli altri musulmani che ammazzano a bastonate la figlia perché rifiuta di sposare l’uomo scelto dal padre. Tutti così, i musulmani? Non esiste un Islam progredito, un Islam moderato? Quando sente parlare di Islam moderato, Oriana Fallaci ci rivela che reagisce ”con una risata. Amara ma risata”. Moderato chi rispetta il Corano? ”Il Corano è quello che è”: non c’è scampo. E avanti di questo passo. Beh: mi sembra difficile aprire un dibattito su un tema così vasto, così complesso e variegato, partendo da dichiarazioni così rudimentali e, mi sia consentito, così stupide. Si potrebbe discutere con un tribuno partendo dall’affermazione che i datori di lavoro sono tutti affamatori dei bambini? Il rapporto con l’Islam, e più in generale col Terzo Mondo, è probabilmente il problema più importante di questo secolo. Se ne discute dappertutto, anche in modo acceso; ma con competenza. (...) Su temi del genere si può, si deve discutere. Ma si può discutere sulle invettive di questi famosi libri? Non si capisce bene, oltre tutto, quali siano le proposte dall’autrice: mi sembra ineluttabile, date le premesse, che la sua soluzione sia di cancellare l’Islam dalla faccia della Terra o, in linea subordinata, di impedire ai musulmani l’accesso ai nostri Paesi, condannandoli a schiavizzare e a percuotere le mogli, e bastonare le figlie, in casa loro. Come se fosse possibile (dato e non concesso che sia desiderabile) sbarrare la porta, e chiudere l’argomento. Le affermazioni dell’autrice sono al livello di tanti altri stereotipi, frutto di una pseudoscienza popolare, secondo i quali gli italiani sono vigliacchi e quando vedono il nemico scappano; i tedeschi sono specialisti di camere a gas; i siciliani sono mafiosi e gli ebrei sono strozzini. Quando va bene, questi stereotipi procurano successi editoriali. Quando va male, conducono ai pogrom. Ma si può aprire un dibattito, amici del Corriere, sulla convivenza civile fra popoli di stirpe e di religione diversa, partendo da queste premesse? Si può solo aspettare che la gente cresca. E impari a vivere» (Piero Ottone, Rep 19/1/2005).
• «Ha avuto successo, un successo incredibile fatto di interviste a personaggi che altri giornalisti hanno visto col binocolo, di libri venduti a milioni di copie nel mondo. All’italiana arrivata la prima volta nel Cile di Pinochet, le ragazze chiedevano se era uscito un altro libro di Oriana. Gli americani la rispettano come un’icona, la ricoprono di studi sui generi giornalistici (opinionated ma sempre informazione, reportage in prima persona ma faticato e accurato, faccia dura ma attenzione all’intervistato), seminari, lauree ad honorem, biografie colte, la invidiano (sic) all’Italia, perché lei il passaporto non l’ha mai voluto cambiare, e in Italia, come una clandestina, ci passa ancora tanto tempo l’anno. Ora se c’è una cosa che gli italiani non perdonano è il successo. C’è sempre qualche imbroglio sotto, qualche storia di letto e eredità, qualche dossier sfuggito al controllo, qualche ignobile ragione di non rispetto, qualche patto con il diavolo che, si sa, fornisce il suo sterco, il denaro. Non è una donna simpatica, forse non lo è mai stata, forse lo è diventata (...)» (Maria Giovanna Maglie, Fog 15/12/2001).
• «(...) Singolare destino quello di una donna che nasce intimamente scrittrice, fa la giornalista come una scrittrice, e rinasce compiutamente scrittrice solo quando smette di fare la giornalista. Questa donna di un metro e cinquantasei per quarantacinque chili di peso che fa un mestiere da uomo, il corrispondente di guerra, e lo fa meglio degli uomini: comportandosi come un uomo, vestendosi da uomo, parlando da uomo. E ritorna donna quando smette di farlo. "Panagulis scrive le poesie col suo corpo”, le disse Pasolini, ”e tu scrivi il romanzo con la tua vita”. (...)» (Piero Ostellino, Set 10/1998).