Libero, 17 febbraio 2015
L’esercito dei jihadisti. Dall’Isis ad al Qaeda, passando per al Nusra e Boko Haram, le milizie islamiche si stanno diffondendo in mezzo mondo. E prima o poi accerchieranno l’Europa
Dall’Indonesia all’Africa Occidentale, dall’Oceano Indiano all’Atlantico, 350.000 jihadisti si preparano a prendere d’assalto l’Europa.
È vero che almeno 200.000 di loro sono concentrati tra le forze dell’Isis in Iraq e Siria, secondo una stima massimale del governo del Kurdistan Iracheno che altri analisti ridimensionano drasticamente. I servizi russi dicono ad esempio che non sono più di 70.000, e la Cia li valuta a 20-31.000. Ma anche facendo questa tara parliamo di 150-170.000 armati, che equivale più o meno ai 174.000 effettivi delle Forze Armate Italiane senza i Carabinieri. Per di più, oltrepassata la fase dei gruppi terroristi, alcuni di questi jihadisti si configurano ormai come veri e propri Stati. Lo stesso Isis si considera non solo uno Stato Islamico ma un Califfato tendenzialmente mondiale, il cui nucleo è un territorio delle dimensioni del Regno Unito: 170.000 km2 in Iraq e 60.000 in Siria, con una popolazione complessiva stimata tra le 8 e le 11 milioni di persone e una capacità finanziaria che Forbes Israel ha stimato in 2 miliardi di dollari di entrate l’anno. Ma anche altri gruppi hanno dichiarato l’”adesione” al Califfato dei territori sui quali reclamano di avere un controllo: 4200 jihadisti in particolare, hanno giurato obbedienza al Califfo al-Baghdadi in Giordania. Nel Sinai 1000-2000 jihadisti egiziani del gruppo Ansar Bait al-Maqdis lo scorso 10 novembre si sono proclamati “Provincia dei Sinai” dello stato Islamico (Wilayat Sinai). In Libia il 5 ottobre 2014 800 uomini dell’Isis si sono impadroniti di Derna, dichiarandosi a loro volta Wilayat di Barqa, e avanzando fino a Sirte. Ci sono poi un migliaio di uomini che si sono dichiarati parte dell’Isis in Algeria, 135 in Afghanistan, alcune dozzine nello Yemen, oltre ai 300 dello storico gruppo filippino di Abu Sayyaf. Il 29 gennaio 2014 Hafiz Saeed Khan e Abdul Rauf hanno dunque proclamato una Provincia del Grande Khorasan che comprenderebbe tutto l’Afghanistan e il Pakistan, il gruppo Jund al-Khilafah ha proclamato un provincia in Algeria, altre province sono state auto-dichiarate in Arabia Saudita e Yemen, Giordania, Pakistan, Filippine, Malaysia, Caucaso. In questi casi, però, senza avere un effettivo controllo di territori come in Iraq, Siria, Libia e forse anche in Sinai. E poi ci sarebbero tra i 1000 e i 4000 membri dell’Isis in Europa, pronti a scatenare l’inferno direttamente tra i “crociati”. Un certo controllo sul territorio sembra averlo anche Boko Haram, con i suoi 7000-10.000 uomini e i 25 milioni di dollari di entrate annue stimate da Forbes Israel. Il 24 agosto 2014 anch’esso si è comunque proclamato Califfato, il che implica rivendicare uno status superiore a quello di Provincia. Il 9 febbraio Boko Haram ha pure diffuso un video in cui c’erano anche immagini di al-Baghdadi, ma non c’è stata una sottomissione formale. Comunque dalla Nigeria il gruppo si è ormai esteso a Niger, Camerun, Ciad e minaccia lo stesso Benin. Complesso è il rapporto tra Isis e la vecchia Al Qaeda, di cui rappresenta una scissione. Teoricamente i due gruppi si fanno aspra concorrenza in nome di una diversa visione del jihad. Utilizzando vecchia categorie marxiste, si potrebbe dire che l’Isis ha un approccio staliniano di costruzione di uno Stato islamico, A Qaeda uno trotzkysta di rivoluzione permanente. In Siria Isis e la locale filiale di A Qaeda di al-Nusra sono arrivati a spararsi addosso, ma nell’attacco a Charlie Hebdo l’Isis Amedy Coulibaly e i qaedisti fratelli Kouachi appaiono aver lavorato in perfetto coordinamento. Al Qaeda conterebbe comunque su 3000 uomini ancora tra Afghanistan e Pakistan, 300-000 uomini di Al Qaeda nel Maghreb Islamico, 1000 di Al Qaeda nella Penisola Arabica, 300 di Al Qaeda nel Subcontinente indiano, e 5115-6115 del siriano al-Nusra. Più 5-7000 uomini dei somali al-Shabab, che però sono un’organizzazione largamente autonoma, attiva anche in altri Paesi dell’Africa Orientale. Forbes Israel ha stimato 150 milioni di dollari di entrate l’anno per Al Qaeda, più 70 milioni per gli al-Shabab. Dopo l’Isis, l’organizzazione più forte dal punto di vista numerico appare quella dei Taleban: 60.000 uomini tra Afghanistan e Pakistan, tra cui 25.000 dell’ala pakistana Tehrik-i-Taliban Pakistan, e entrate stimate da Forbes Israel in 400 milioni l’anno. Antichi alleati di Al Qaeda e d’altra parte tra 1996 e 2001 titolari di un Emirato Islamico dell’Afghanistan, anch’essi hanno un profilo in larga parte autonomo rispetto a Al Qaeda e Isis. In antica aerea qaedista e in larga parte ispirati ai Taleban vi sono poi una serie di altri gruppi. Uno importante è Lashkar-e-Taiba: 50.000 uomini soprattutto in Pakistan ma anche in India, Afghanistan e Bangladesh. Secondo Forbes Israel, avrebbe entrate per 100 milioni l’anno. Ma ci sono poi il Movimento Islamico dell’Uzbekistan, con 500-1000 uomini. Il Movimento Islamico del Turkestan Orientale, con un migliaio di uomini nel Xinjiang cinese. L’Emirato del Caucaso, con 600 uomini nel Caucaso russo. Jaish-e-Mohammed, con alcune centinaia di uomini nel Kashmir indiano. Jemaah Islamiyah, con 5000 uomini tra Indonesia, Malaysia, Filippine e Thailandia. Last but not least, il Consiglio della Shura dei Rivoluzionari di Bengasi, con 9500 uomini che contendono la Cirenaica al generale Khalifa Haftar. In via di adesione di fatto all’Isis, ma tecnicamente ancora distinto dall’Emirato di Derna.