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 2015  febbraio 17 Martedì calendario

A Bruxelles si gioca la partita sui dieci miliardi e va in scena lo psicodramma. Ventisette medici per un ammalato irresponsabile

Un ammalato grave sta steso sul suo letto. Vengono chiamati a consulto 27 medici. Il più autorevole di loro, prima che la visita inizi, dichiara: «Sono molto scettico sulla possibilità che le medicine sortiscano qualunque effetto. Mi spiace, ma questo paziente è un irresponsabile». Al termine della visita, viene diffuso un comunicato medico: l’ammalato ha chiesto 6 mesi in più di cure, i dottori glieli hanno accordati a patto che lui si faccia prima passare la febbre, e se possibile guarisca. Il paziente ha definito «assurda e inaccettabile» la terapia proposta. E così ha scelto, dicono, l’eutanasia. Il malato in questione è la Grecia, il dottore autorevole è il tedesco Wolfgang Schäuble. Il comunicato medico è il titolo dei telegiornali: «La Grecia respinge come assurde e inaccettabili le richieste dell’Eurogruppo». Ma è proprio così, o quel rifiuto era già inevitabile, nella nera diagnosi preventiva formulata dal medico più potente d’Europa? Chi ha bocciato chi? Può riuscire, una trattativa, se il medico già sulla porta indossa la giacchetta del becchino? Lo «scetticismo» di Schäuble era ed è comprensibile. I maligni dicono però che la Germania si è arricchita più di tutti, rastrellando i balordi titoli greci, e che ora più di tutti teme nuove concessioni. Altri dicono che la Germania è solo il buon padre di famiglia, l’unico del condominio europeo. Anche su una guerra di parole, da qui a venerdì si gioca la sorte dell’eurozona. La Grecia chiedeva «tempo, non soldi». O 10 miliardi di risorse in più. Un ponte, per scavalcare l’abisso del fallimento. Anzi: a sentire l’Eurogruppo, chiedeva un’«estensione tecnica di 6 mesi del programma corrente»: cioè il programma della trojka che Alexis Tsipras considera cicuta. Ma «ponte» ed «estensione tecnica» sono parole profondamente diverse, anche come ampiezza di visione futura. L’Eurogruppo ha risposto «sì», o «nì», sui 6 mesi in più, ricordando ai greci la promessa di «riaffermare il loro impegno inequivoco a onorare i loro impegni finanziari verso tutti i loro creditori». E la Ue avverte Atene: «Ogni nuova misura dovrà essere fondata, non mettere in pericolo la stabilità finanziaria». Traduzione: Tsipras si scordi il taglio dell’Irpef, fiore all’occhiello delle sue promesse. C’è torto e ragione da entrambi le parti. Ma soprattutto, c’è la tragedia di un vecchio sogno, la solidarietà europea, deragliato in totale sfiducia reciproca. Non poteva essere diversamente, forse. Ma adesso, non restano che pochi giorni: e forse anche certi medici, chini sul malato ormai al lumicino, cominciano a sentire qualche brivido.