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 2015  febbraio 16 Lunedì calendario

Dall’Italia all’Ucraina, i convogli delle badanti per i soldati. Ogni fine settimana da Roma partono gli aiuti degli immigrati destinati alle truppe al fronte, agli orfani e a chiunque abbia bisogno di aiuto in un Paese provato da un anno di combattimenti

Le sedie a rotelle vengono caricate per ultime per quelle alchimie dei trasportatori capaci di infilare in un vano di un furgone provviste, scorte, beni di prima necessità – ma non solo – per una nazione in guerra.
Il raduno
Siamo alle spalle di Eataly e della stazione Ostiense a Roma, in un parcheggio dove dopo mille contestazioni hanno ottenuto un po’ di spazio ucraini e ucraine della capitale. Si ritrovano ogni domenica dallo scorso dicembre, l’inizio degli scontri e della rivolta di Maidan per consegnare i pacchi destinati ai soldati al fronte, agli orfani e a chiunque abbia bisogno di aiuto in un Paese provato da un anno di combattimenti e dalla perdita di una parte delle parti più importanti dal punto di vista economico del Paese.
Ieri era il primo giorno di tregua ma gli ucraini sono talmente abituati agli annunci della fine dei combattimenti da non farci più caso. Sul piazzale sono parcheggiati una cinquantina di furgoni, tutti carichi comunque. Oltre alle sedie a rotelle hanno portato le torce nuove di zecca, i passamontagna lavorati a mano, le medicine, le bende, i binocoli, i rinforzi per i letti d’ospedale, cibo di ogni tipo, casse su casse di arance, maglioni, coperte, occhiali e molto altro ancora. Dopo un viaggio di almeno 24 ore attraversando Slovenia e Ungheria, arriveranno a Leopoli. Lì i pacchi verranno distribuiti per zone e settori di competenza: ospedali, fronte, orfani, semplici parenti.
Yuri ha 52 anni, di mestiere fa il fabbro e il muratore. È in Italia da tredici anni, dallo scorso dicembre non ha più fine settimana: «Ormai non c’è un sabato o una domenica senza pensare a come aiutare i nostri volontari». Yuri non ha parenti fra i soldati e avrebbe anche una famiglia in Italia ma il 7 gennaio, per il Natale ortodosso, è salito anche lui su uno dei furgoni carico di cibo, un generatore e stufe, ed è andato a preparare la cena ad un battaglione nella zona di Mariupol.
L’appello agli italiani
«L’Ucraina è in pericolo, non siate indifferenti», è scritto in caratteri cirillici e cubitali su uno dei furgoni, un appello del tutto inutile di fronte alla catena di solidarietà che si ripete ogni domenica e che coinvolge anche gli italiani. Il marito di una donna originaria dell’Est dell’Ucraina arriva portando quattro pacchi per il nipote della moglie, 22 anni, richiamato nell’esercito. Scuote la testa e si lascia prendere dalla foga nel condannare Putin che sul piazzale non viene mai chiamato per nome, per tutti è «il Pazzo». Italiane sono tante donne che insieme alle ucraine per settimane hanno lavorato a maglia i passamontagna per i soldati al fronte.
Non c’è indifferenza nell’abbraccio a una donna di mezz’età che arriva a metà mattina senza pacchi. È la mamma di un capitano. «Non posso raccontare nulla di lui, la sua storia è segreta. Non posso parlargli nemmeno al telefono, so solo che sta bene, per fortuna c’è mia nuora che mi tiene informata».
È mezzogiorno quando i furgoni iniziano a mettersi in moto con il loro carico di aiuti. In Ucraina la tregua è iniziata da poche ore ma qui nessuno ci crede davvero.