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 2015  febbraio 16 Lunedì calendario

Le 14 ore di terrore a Copenaghen. Ucciso l’attentatore, era un giovane di origine araba, uscito dal carcere due settimane fa. La caccia all’uomo è finita nel cuore dalla capitale

Le quattordici ore di Omar Abdel Hamid el-Hussein sono finite su un marciapiede della Nørrebro Station alle cinque di domenica mattina.
Alle 15,33 di sabato il 22enne danese di origini arabe aveva fatto fuoco su un convegno sulla libertà di espressione in memoria di «Charlie Hebdo», uccidendo il regista Finn Norgaard e ferendo tre poliziotti. L’obbiettivo era il vignettista svedese «blasfemo» Lars Vilks. E mentre la Danimarca organizzava la più imponente caccia all’uomo di sempre Hamid el-Hussein tornava a colpire e uccideva Dan Uzen, 37 anni, che si stava occupando dell’accoglienza al Bar Mitzvah nella più grande sinagoga di Copenaghen.
Il copione degli assalti
La polizia, il primo ministro, i testimoni oculari, gli investigatori, tutti sono colpiti dalle analogie con Parigi e Bruxelles: i blitz sono contro «obiettivi simbolici», siano sinagoghe o occidentali blasfemi, gli assalti compiuti con tecniche paramilitari, indossando «divise» e armi d’assalto, spesso Ak47. Che siano cani sciolti o piccole cellule, addestrati in Siria o radicalizzati in carcere sono tutti già segnalati alla polizia e conosciuti dai servizi d’intelligence.
Per questo gli investigatori danesi parlano di «emulazione»: Omar Abdel Hamid El-Hussein si sarebbe ispirato ai fratelli Kouachi e a Amedy Coulibaly, gli autori degli attentati di Parigi. «Lo schema si ripete», ha fatto notare il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius: «Prima un attacco contro un simbolo della libertà di espressione, poi contro la comunità ebraica, e a seguire «lo scontro con la polizia».
Dalle gang all’estremismo
Omar Abdel Hamid el-Hussein è stato ucciso dalla polizia nel suo quartiere, il multietnico Nørrebro. Dopo gli attentati aveva preso un taxi per tornare a casa, dove si era fermato 18 minuti, per poi continuare la fuga. Era uscito dal carcere da due settimane, dopo aver scontato una condanna per un’aggressione su un treno, nell’autunno del 2013. Ma la polizia lo stava già cercando per le azioni di una gang che terrorizzava la Danimarca, «Brothas». Lui, che era un «fratello», è stato ripudiato immediatamente dopo l’attacco dai quegli stessi compagni che predicano l’estremismo dell’islam e che da anni «controllano» interi quartieri della capitale con un motto: «Con l’Islam arriva la paura, e con la paura arriva il potere».
I complici
«La minaccia terroristica è seria», ha sottolineato il direttore dell’intelligence Jens Madsen, spiegando che il giovane killer «si è ispirato agli eventi di Parigi e al materiale diffuso dall’Isis». Nelle ultime ore la polizia ha avviato diverse operazioni per verificare se abbia agito da solo, tesi che al momento appare la più accreditata, anche se i media locali hanno riferito di due arresti in un internet café nel quartiere dove è stato ucciso Hamid el-Hussein.