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 2015  febbraio 16 Lunedì calendario

Intervista a Carlo Conti, il nuovo re di Sanremo: «Il bis al Festival? Solo da direttore artistico. Credo nella centralità della famiglia. Il collante vero è la musica»

«Il mio sorriso a barchetta ormai è diventato un transatlantico», scherza Carlo Conti. La voce è leggermente roca (anche i conduttori d’acciaio possono mostrare qualche crepa) ma ha la faccia tosta di sostenere di non essere stanco, dopo una settimana da maratoneta che non si ferma mai.
Conti, ormai ha indossato i panni del superman televisivo, in cinque sere ha macinato oltre venti ore di diretta tv, roba da record mondiale.
«Ma questa è la verità, non ho sentito la fatica di questi giorni. Probabilmente è una questione di abitudine e di allenamento e io sono allenato dalla registrazione di due puntate dell’Eredità al giorno e dai serali Tale e quale o Si può fare».
E ora riprende subito il tran tran quotidiano. Roba da chi si ferma è perduto.
«Quando mi hanno offerto di fare il Festival ho posto la condizione irrinunciabile di tornare a fare i miei programmi. Per me è fondamentale che gli italiani mi vedano come quello che torna ogni sera a cenare con loro».
Non ha l’ambizione di passare da portatore d’acqua della rete a capitano?
«Per me non cambia nulla. Non si tratta di fare il gregario o il capitano».
Lo sa che andando avanti così rischia di battere il record di permanenza in video di Pippo Baudo?
«Secondo me l’ho già battuto. Pippo non faceva programmi quotidiani. Faceva più cose diverse come Domenica in e Fantastico».
Il suo sorriso a transatlantico si smorza quando scrivono che è un normalizzatore e un restauratore del Festival?
«La definizione di normalizzatore va bene se è nel senso che sono riuscito a continuare nel solco della tradizione. Ma direi, piuttosto, che sono un innovatore che ha riportato Sanremo a quello che era, incollando di nuovo gli italiani davanti alla tv».
Sta dicendo che con Fabio Fazio il Festival si era scollato?
«Ma l’anno prima Fabio aveva avuto successo ed era sempre lui. La verità è che Sanremo riesce o meno a seconda di come si dispongono sapori particolari».
E lei ha dato un taglio Conti al Festival.
«Ho fatto un Sanremo per la gente, per il pubblico, scegliendo canzoni che ora suonano nelle radio, dando spazio ai giovani in prima serata e aprendo spunti di riflessione sulla centralità della famiglia e sulla società, come l’invito agli operai dell’Ilva. Il collante vero, però, sono state le canzoni. Avrei potuto anche chiamare altri ospiti, visto come sono andate le cose dal punto di vista economico».
Già, il direttore di rete Leone ha detto che quest’anno ci sono 6 milioni di attivo, la differenza fra i 15,7 di spese e i 21,7 di ricavi. Questo è un altro motivo per cui la Rai non la mollerà facilmente e le chiederà il bis. Ieri si è sbilanciato anche il direttore generale, Gubitosi.
«L’anno prossimo vado alle Maldive, ho già prenotato una settimana nei giorni del prossimo Festival».
C’è poco da scherzare: ha fatto risparmiare e gli ascolti sono i più alti degli ultimi dieci anni, non l’avrebbe mai immaginato neanche il più incallito ottimista. L’ultima serata ha chiuso con 11,8 milioni di spettatori e con il 54,21 di share. La media totale del Festival è del 48,6.
«Vorrà dire che al posto del cavallo di viale Mazzini qualcuno metterà me, Frizzi e Antonella Clerici. Scherzo. Adesso scendo dalla bici, smetto di pedalare per quindici giorni e me ne vado a casa mia a Firenze a fare la vita normale e passare le giornate con gli amici».
La vuol tirare per le lunghe o è solo paura?
«Orientativamente sono per il no, credo sia impossibile fare meglio di questi numeri. L’alternanza ha fatto sempre bene al Festival, crea novità perché ognuno porta il suo mondo, idee, forza, energia. Ne parleremo. Sanremo è la mia terza casa dopo Firenze e Roma. Semmai potrei fare il direttore artistico».
Lo sa che si scontrerà con la sindrome dell’Ariston, una sorta di pippobaudite che crea dipendenza dal Festival. Del resto, con il passare dei giorni, abbiamo visto che si è sempre più sciolto: ha rappato con Will Smith, ha canticchiato, si è messo a parlare in siciliano.
«Sono fiorentino, l’ho sempre fatto, anche a Tale e quale show o all’Eredità prendo in giro i concorrenti e poi torno sui binari»
Ha anche fatto fare pace fra il Festival e il suo amico Giorgio Panariello.
«Giorgio aveva molti dubbi quando l’ho chiamato: questo palco gli ha dato soddisfazioni, ma anche molte preoccupazioni. Invece ha fatto il picco di ascolto. Abbiamo macinato chilometri insieme, dalle feste dell’Avanti, dell’Amicizia, dell’Unità: ritrovarci qui dopo 30 anni è stata una soddisfazione gigante».
Un errore se lo imputa?
«Forse alcune serate sono state troppo lunghe. Ma alcune cose si sono allungate sul momento. Come l’incontro coi coniugi siciliani e l’ospitata di Will Smith, dovevano essere due domande, invece siamo andati avanti a braccio. Io non ho mai nulla di scritto perché viene tutto più facile. È il mio modo di fare spettacolo».