Il Messaggero, 16 febbraio 2015
La milizia cristiana che combatte il Califfato. Duemila tra ex soldati e volontari per fermare l’avanzata degli estremisti in Iraq
Arrivano dagli Stati Uniti, dalla Svezia, dalla Gran Bretagna, dall’Australia. Sono giovani, desiderosi di combattere. Ma no, non sono aspiranti jihadisti: sono giovani cristiani sconvolti dalle immagini truci che il califfato islamico ha trasmesso nel mondo. Quando a primavera gli Stati Uniti coordineranno la manovra per la riconquista della città irachena di Mosul ci vogliono essere pure loro. Per ora sono solo qualche centinaio, ma la parola si sta diffondendo. La diaspora assira fa campagna nelle comunità soprattutto negli Usa e in Europa, e raccoglie sia finanziamenti che volontari.
La stampa Usa si sta accorgendo del lavoro compiuto dalla American Mesopotamian Organization, che sostiene il Partito Democratico Assiro nato nel nord dell’Iraq dopo che Isis ha conquistato tutte le cittadine cristiane e yazide della Pianura di Ninive, intorno a Mosul. E il Pda sostiene le milizie cristiane battezzate “Dwekh Nawsha”, che in aramaico significa “quelli che si sacrificano”. Il loro compito vuole essere di proteggere la pianura di Ninive e ripopolarla con gli oltre 100 mila cristiani e yazidi fuggiti davanti all’avanzata di Isis.
I PESHMERGA
Le milizie cristiane hanno ottenuto il sostegno dei peshmerga curdi, che le ospitano in una vecchia base americana vicino a Kirkuk. Secondo un calcolo del Wall Street Journal, sono al momento formate da circa 2 mila volontari, e non è chiaro quanti di questi siano cristiani iracheni e quanti siano venuti da altri Paesi per difendere la patria dei cristiani assiri e caldei. Inviati dei media americani raccontano le vicende di giovani volontari: Brett e Jordan, due americani 28enni, veterani della guerra in Iraq, Scott, un ingegnere informatico della Carolina del nord, Tim e John, due inglesi: sono arrivati dopo aver visto i video delle decapitazioni. Jordan ha fatto ricamare sul suo giubbotto antiproiettile le parole “Cristo è il mio Signore”. Tutti tengono in tasca una piccola Bibbia, uno di loro ha una croce tatuata sul collo. Sanno di rischiare la via, e anche peggio, se dovessero cadere nelle mani dell’Isis. Brett, che ha fatto la campagna in Iraq nel 2006, spiega: “Quel che sto facendo ora è molto diverso. Ora sto combattendo per la fede e per un popolo. Ma il nostro nemico ora è molto più grande e brutale”. Tim aggiunge: “Spero di dare una mano per mettere fine a tutte queste atrocità”. John parla come un crociato: “Questa è l’ultima possibilità che abbiamo di salvare la cristianità”.
Anche loro, come i loro nemici che si sono arruolati come jhadisti, hanno trovato contatti sui siti di Facebook. Alcuni si sono uniti ai miliziani siriani-curdi dell’Ypg, le Unità per la Protezione del Popolo in Siria, che hanno a loro volta anche attratto molti volontari curdi da vari paesi europei. Ma i cristiani americani temono la vicinanza ideologica fra i curdi in Siria e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan in Turchia, che è ancora considerato negli Usa una organizzazione marxista terrorista. I volontari cristiani che andassero a combattere con i curdi siriani contro i terroristi islamici potrebbero cioé rischiare di essere a loro volta giudicati filo-terroristi.
L’AMERICA
La diaspora cristiana irachena sta dunque cercando di ottenere che gli Stati Unti aiutino le milizie di volontari, in modo che si possano tutte unire nel nord-est dell’Iraq, fianco a fianco con i peshmerga. Ma un ex-militare americano, giunto nella zona attraverso un’organizzazione umanitaria assira, e incaricato di addestrare i volontari, sostiene che il governo americano non vuole esplicitamente sostenere le milizie cristiane “per paura di essere accusato di voler finanziare una guerra religiosa”. L’uomo, che non ha voluto dire il proprio nome per paura di esporre la propria famiglia a vendette dell’Isis, commenta aspro, “l’Isis la guerra di religione l’ha cominciata prima di voi”.