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 2015  febbraio 16 Lunedì calendario

L’Asia è il nuovo Eldorado dello sport planetario. I Mondiali, il mercato Usa, il salotto del calcio: il 76% degli investimenti globali arriva da lì. Prima i Paesi del Golfo Persico, poi la Cina, ora il Sud-est: viaggio nelle nuove gerarchie finanziarie riscritte dall’Oriente. Fino all’assalto al Milan

L’Asia è il nuovo Eldorado dello sport mondiale. Ne sono protagonisti i paesi del Golfo Persico, che per primi ci hanno creduto e investito, inseguiti dalla Cina che corre già per il sorpasso. Protagonisti ai quali si stanno accodando paesi emergenti come l’India ma anche l’Indonesia e la Thailandia. Del resto, se le nazioni asiatiche sono in testa agli investimenti mondiali nelle materie prime, nell’immobiliare, nell’hi-tech e – da pochissimo anche nella ricerca – perché non dovrebbero guardare a un business planetario come lo sport? Secondo un documento della società di consulenza Repucom, il 76 per cento degli investimenti globali arriva dal sud est asiatico e dai paesi arabi. Mentre Corea, Giappone e ora la Cina sono entrati in modo massiccio negli sport professionistici americani, il Medioriente ha preferito di gran lunga il calcio europeo. Hanno scommesso sui numeri: i grandi club del Vecchio Continente hanno un bacino di oltre 1,6 miliardi di tifosi, cioè di appassionati che quotidianamente seguono le vicende del pallone e il campionato del mondo (che nel 2020 verrà organizzato in Qatar) è il secondo evento televisivo più seguito al mondo dopo le Olimpiadi.
Ma gli arabi non sono più soli, come ha dimostrato l’ingresso dell’imprenditore indonesiano Eric Thohir nell’Inter del dopo Moratti. Non deve stupire, quindi, che l’offerta per l’acquisto del Milan arrivi da Bangkok e da un finanziere la cui famiglia si è arricchita con investimenti in tutto il sud-est asiatico e in Australia. Attenzione, però: Bee Teachaubol non ha per nulla l’aria del presidente-sperperone che ha solo voglia di acquistare top player come fossero figurine. Di mestiere compra e vende società ad alto potenziale economico, ma che non riescono a esprimerlo: il Milan, nonostante sia un marchio tra i più conosciuti nel mondo, ha i conti perennemente in rosso.
Perché il calcio può essere una macchina da soldi. Non per nulla, gli arabi – i primi a crederci con oltre 1,5 miliardi di dollari totali investiti in tutta Europa – sono sbarcati in massa nella Premier League, il campionato più ricco di tutti, secondo al mondo dietro alla Nfl, i professionisti del football americano. E lo sarà ancora di più dopo aver strappato alla Bskyb di Rupert Murdoch un contratto record per i diritti tv del 2016-2019 per 6,9 miliardi di euro. Giusto per un paragone: nel 1992 SkY Inghilterra si era assicurata cinque stagioni per 250 milioni di euro. Ecco spiegati gli investimenti diretti degli arabi nel Manchester City (Emirati Arabi) e nell’Arsenal (una holding finanziaria di origine iraniana), ma anche in nobile decadute come il Nottigham Forest (Kuwait) e il Leeds United (Bahrain). Gli arabi credono nella proiezione mediatica delle sponsorizzazioni. Il caso più clamoroso riguarda Emirates: la compagnia aerea ha una “scuderia” di cui fanno parte Arsenal, Milan, Psg e Real Madrid. Se la cifra investita nel 2010 non superava i 25 milioni di dollari, cinque anni dopo siamo a quota 163 milioni. Meno nota è la politica dal colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei: ha appena chiuso un accordo fino al 2016 come partner tecnologico del Benfica, il più amato tra i club portoghesi, contratto che fa seguito a quelli già sottoscritti con Milan, Ajax, Arsenal, Psg, Atletico Madrid, Borussia Dortmund e persino con il Valerenga, club emergente norvegese.
Ma non basta che l’Asia arrivi in Europa per fare più ricco il calcio, occorre che il movimento vada anche nell’altra direzione. Real, Barcellona, Manchester hanno già stretto accordi commerciali in Cina per la valorizzazione del brand e la Premier ha da tempo una sede a Shanghai. Il progetto più innovativo viene, però, dall’Atletico Madrid, dove ha appena fatto il suo ingresso con una quota del 20% il colosso cinese Wanda. Lo stesso che è diventato padrone dei diritti tv del calcio italiano, dopo l’acquisto della società specializzata Infront. Wanda, guidata da Wang Jianlin già a capo della più grande impresa immobiliare della Cina, commercializzerà i prodotti dei “colchoneros” in 200 Wanda stores, mentre la società di Madrid aprirà a breve cinque scuole calcio in tutto il paese.
L’ingresso di Wanda è destinato a cambiare tutto lo scenario sportivo e non solo in Europa. Grazie a Infront, i cinesi hanno messo un piede nella Fifa (di cui sono partner), nelle nazionali di Italia e Germania, ma anche in una serie di club di cui curano l’immagine internazionale (Milan, Inter, Werder Brema, Colonia). Non c’è solo il calcio: Infront rappresenta le federazioni dei giochi olimpici invernali e ha l’esclusiva dei diritti tv delle federazioni internazionali di pallamano, pallavolo e ciclismo.
Il caso Wanda dimostra come la voglia di sport stia crescendo in maniera esponenziale in tutta l’Asia. Ne è un esempio, la crescita di appassionati di football americano: nel 2014, il numero di appassionati del campionato Nfl in Cina sulla popolazione è salito dall’1,7 al 7,9 per cento, il che significa 31 milioni di persone. Anche il caso del tennis è emblematico. Basti pensare a cosa è accaduto in Giappone, con la prima volta di un tennista nipponico in una semifinale del Grande Slam. Nonostante la finale degli ultimi Open Usa sia andata a Novak Djokovic, la popolarità di Kei Nishikori è andata alle stelle. Così come il fatturato delle aziende a lui collegate. A Tokyo e nelle principali città, i grandi magazzini hanno esaurito le polo a marchio Uniqlo, sponsor tecnico del giocatore; mentre la pay-tv Wowow – che ha l’esclusiva delle sue partite – è salita in Borsa. Per non dire della casa produttrice di racchette Yonex, le cui azioni hanno fatto un balzo del 30 per cento. E pensare che il tennis non è molto popolare in Giappone e Nishikori usa una Wilson. Un fenomeno esploso anche in Cina: il tennis è il settimo sport più praticato (sintomo della crescita della classe media), il secondo più visto alla televisione di stato, ma il primo che i cinesi vorrebbero giocare. Fino a bussare alle porte del tradizionalissimo tennis per chiedere di organizzare un quinto Slam.