la Repubblica, 13 febbraio 2015
Dopo Siani e Pintus, Luca e Paolo tornano sul palco dell’Ariston. Elogiano Carlo Conti («il Festival si fa così»), si dicono un po’ preoccupati («non sai mai come reagirà il pubblico») e se ne fregano se vengono etichettati come qualunquisti o estremisti («intanto la tv è sangue e merda»)
Pierini: «In questo periodo se prendi uno di Firenze e lo metti in tv a dire cazzate lo seguono tutti. Io non mi divertivo così tanto dal discorso d’insediamento di Mattarella»; cinici, con la canzone R. i. p forever che ironizza sui continui omaggi televisivi, selfie inclusi ai funerali, agli artisti scomparsi. Lo sberleffo di Luca e Paolo riconcilia il Festival con i comici. Prima parte veloci, divertenti, perfetti. Ironizzano sul Sanremo “normale”: «C’è la famiglia con 16 figli, la sera dopo la donna barbuta... Stasera c’è una valletta brava?… La De Filippi non va in onda, il cast è tutto qua». Poi, più tardi, lo sketch non riuscito sulle nozze gay. Erano gli ospiti più attesi, in questo Sanremo avaro di risate: tra Siani, Pintus, i Boiler si salva solo Rocco Tanica. Luca e Paolo erano stati a Sanremo nel 2011, in pieno caso Ruby, con la canzone cult Ti sputtanerò.
In scena a Sanremo dopo la débacle dei comici: come vi sentite?
Luca: «Beh, insomma. Chi s’immaginava tutta questa attenzione».
Paolo: «Quello dell’Ariston è un palco molto molto difficile, che fa paura, perché non sai mai come reagirà il pubblico».
Perché è più difficile far ridere?
Paolo: «Nel 2011 c’era già Twitter ma non era usato come oggi. I social network aumentano la pressione».
Luca: «Hanno già scritto tutto loro, anche battute eccezionali. Arriviamo dopo, risulta tutto vecchio».
Perché la satira di costume e solo un accenno alla politica?
Luca: «La politica è complessa e monotona, è veramente difficile trovarne il lato comico».
Quattro anni fa era al centro di qualsiasi sketch.
Paolo: «In quattro anni è cambiato il mondo, era tutto più facile per i comici».
Che pensate dell’esibizione di Siani?
Luca: «Avrà sbagliato a mettere in mezzo il bambino, ma non ha ucciso nessuno».
Come giudicate il Sanremo di Conti?
Luca: «È stato bravissimo, il festival si fa così».
Paolo: «Carlo piace perché è rassicurante, normale, il pubblico si riconosce in lui. Ma non bisogna fermarsi alla prima lettura. È intelligente e astuto, zitto zitto aggiunge pepe: mette insieme Conchita Wurst e i sedici figli… Ed è molto più trasgressiva la famiglia Anania».
Luca: «È vero, è l’erede ideale di Baudo ma Pippo alla risposta di quel padre sullo Spirito Santo avrebbe fatto una battuta... Carlo no, è molto rispettoso».
Lo definireste un festival democristiano?
Paolo: «È una macchina perfetta e i numeri gli danno ragione, ma è meno democristiano di come appare. Lui è davvero popolare, ma non scontato».
Luca: «Eravamo stati ospiti a I migliori anni e a Tale e quale: lì capisci come lavora, un successo così non nasce per caso».
Se negli sketch vi occupate di politica venite etichettati come «qualunquisti», a destra vi giudicano «di sinistra» a sinistra dicono che siete «di destra», un po’ come Giletti.
Paolo: «È vero, ci danno dei qualunquisti o degli estremisti, a seconda dei casi. Non guardiamo in faccia nessuno».
Luca: «Però non tiriamo i libri. Brutta immagine, però Giletti si è scusato. Il momento davvero tragico è stato quando ha detto che “lavora per la donna morta d’infarto”. Come gli sarà venuto in mente?».
Paolo: «Peccato perché per me è anche bravo. Rino Formica diceva: la “politica è sangue e merda”. Io dico sempre che la tv è sangue e merda».