Il Sole 24 Ore, 13 febbraio 2015
Caso Montepaschi. Così, dopo almeno due decenni di assenza, lo Stato indosserà le vesti di azionista di una banca
In pochi, quando il contratto tra il Tesoro e Mps fu sottoscritto, forse lo credevano possibile. Ma tra neppure cinque mesi, all’inizio di luglio, lo Stato si ritroverà azionista di Rocca Salimbeni. È questo l’effetto di una clausola dei Monti Bond, che prevede che, in caso di perdita della banca, gli interessi siano pagati in azioni dell’istituto.
Nel dettaglio, allo Stato finiranno azioni per 243 milioni di euro, che ai valori di oggi significa il 10% circa del capitale, una quota che è destinata a dimezzarsi dopo l’aumento di capitale da 3 miliardi di euro già annunciato. La Borsa ovviamente ringrazia, come ha dimostrato il rialzo di ieri, perché l’ingresso dello Stato mette al riparo gli investitori dagli scenari estremi. Meno motivi di euforia ci possono essere per la collettività, che subirebbe la trasformazione in azioni della super-cedola, pari al 9%. La clausola era stata inserita per spronare il management a cercare di fare profitto. Ma la missione si è rivelata impossibile, dopo i maxi-accantonamenti chiesti dalla Bce. Così, dopo almeno due decenni di assenza, lo Stato – suo malgrado – indosserà le vesti di azionista di una banca.