il Fatto Quotidiano, 13 febbraio 2015
Sono 3.200 e costano ai contribuenti 170 milioni di euro l’anno: è l’armata degli ex consiglieri regionali che percepiscono un vitalizio. Se ne parla sempre durante le campagne elettorali, e la promessa è sempre la stessa: li aboliremo. Nel marzo scorso è toccato a Matteo Renzi. Ma niente è cambiato
Sono 3.200 e costano ai contribuenti 170 milioni di euro l’anno: è l’armata degli ex consiglieri regionali che percepiscono un vitalizio. Se ne parla sempre (e quasi solamente) durante le campagne elettorali, e la promessa è sempre la stessa: li aboliremo. Nel marzo scorso è toccato a Matteo Renzi. Dagli studi di Porta a Porta sentenziava: “Elimineremo i vitalizi ai consiglieri regionali”. L’ispiratore della riforma, a detta dello stesso premier, era Virginio Scotti, meglio conosciuto come Gerry: “Mi ha scritto un messaggio privato. ’Sono stato deputato per una legislatura, voglio rinunciare al vitalizio, ma non riesco a trovare il modo’”. Poco importa che il celebre presentatore fosse stato parlamentare, non consigliere. E all’allora neo-premier importava ancora meno che l’abolizione dei vitalizi dei consiglieri regionali fosse già contenuta dal decreto anti-casta di Monti del 2012 e che le Regioni, pur recalcitranti, stessero già adeguando gli statuti. Il nuovo sistema contributivo entrerà in vigore solo per le legislature a venire. Nonostante gli annunci, per gli ex consiglieri non è cambiato nulla. Li chiamano diritti acquisiti, quelli che valgono per gli ex politici ma non per gli esodati. E sono talmente acquisiti da sopravvivere a tutto, perfino alla morte e al buon senso.
L’ultima arriva dalla Sicilia e riguarda Franco Bisignano, candidato missino mai eletto all’Assemblea regionale nel 1976 e deceduto di recente. L’Onorevole, dopo vent’anni di battaglia legale nel ’96 riesce a far dichiarare ineleggibile Antonino Fede, il candidato che lo precedeva in lista e che gli aveva soffiato il posto Consiglio. Nonostante Bisignano non abbia fatto il consigliere nemmeno per un giorno, riesce a ottenere la liquidazione più un assegno da 1.800 euro ogni mese. Ma, a dispetto del nome, il vitalizio sopravvive anche al decesso. La moglie di Bisignano, Franca Rosa Baglione, ha di recente presentato richiesta per la reversibilità del benefit. Nonostante la signora sia ancora in attesa di una risposta, l’ufficio competente non potrà che accogliere la sua richiesta. E ora toccherà alla vedova intascare mille euro al mese.
Vizi del ceto politico clientelare meridionale? In Lombardia contro questo generi di soprusi esiste un’autorità: il garante dei Contribuenti. Per questa carica la maggioranza che sostiene Maroni ha scelto l’ex assessore e consigliere forzista Donato Giordano. Regione e garante sono però ai ferri corti. Giordano ha infatti presentato ricorso contro la recente norma che prevede l’impossibilità di cumulare stipendio – il garante costa ai contribuenti che dovrebbe tutelare 100 mila euro l’anno – e vitalizio: nel suo caso 40 mila euro. Secondo Giordano, il divieto di cumulo si applica solo ai contratti successivi all’entrata in vigore della norma, mentre lui è stato nominato prima.
Ironia della sorte, a chiedere un chiarimento a Giordano è intervenuto Raffaele Cattaneo, il presidente del Consiglio regionale, lo stesso che due anni fa si era scagliato contro la ventilata riduzione dello stipendio da 8 mila euro netti al mesi: “Come vivrò dopo?”, si era lagnato.
In Emilia-Romagna invece non si discute di vitalizi, ma di assegni di fine mandato. Dopo l’inchiesta su rimborsopoli, con 41 consiglieri che si sono visti recapitare un avviso di garanzia per peculato, la nuova presidenza di Stefano Bonaccini prometteva di cambiare verso. Durante il confronto su Sky gli altri candidati aveva aperto a una proposta della M5s Giulia Gibertoni: niente assegno di fine mandato ai consiglieri indagati, almeno fino al termine delle procedimento. “È una proposta che valuteremo”, prometteva. Invece gli assegni di fine mandato agli indagati verranno pagati il prossimo 27 febbraio per una spesa totale di un milione 676 mila e 32 euro. Nella lista dei beneficiari ci sono tutti i protagonisti dello scandalo: i leghisti Bernardini, Cavalli e Corradi, i primi tre rinviati a giudizio per avere richiesto 162 mila euro non legati alle spese di mandato; Rita Moriconi, che avrebbe inserito nella nota spese lo scontrino per un giocattolo erotico; e c’è anche il minuzioso consigliere Thomas Casadei che si era fatto rimborsare persino i gettoni per i bagni pubblici.