il Giornale, 13 febbraio 2015
La straordinaria storia di Huguette Clarck, ultima discendente della famiglia più ricca d’America. Dopo una vita di lussi e splendori si autorecluse in una clinica
«Il dottor Henry Singman, internista, era stato chiamato d’urgenza per una visita al domicilio di una paziente nuova che abitava in una zona molto lussuosa di New York, l’Upper East Side. Era un pomeriggio soleggiato all’inizio della primavera: il 26 marzo 1991». Inizia così Dimore vuote di Bill Dedman: più che un libro, una porta che si affaccia sul passato dell’America, e ne rivela splendori e miserie. Come recita il sottotitolo, racconta «La misteriosa vita di Huguette Clark e la fine di una grande fortuna». Pubblicato negli Stati Uniti nel 2013, è stato per mesi al numero uno della classifica dei bestseller del New York Times con oltre mezzo milione di copie vendute e arriva ora in Italia (Neri Pozza, pagg. 570, euro 18, traduzione di Maddalena Tagliani).
È la storia di una delle famiglie più ricche e potenti degli Stati Uniti, sempre al centro delle cronache mondane e scandalistiche, attraverso l’eccentrica figura di Huguette Clark, l’ultima erede di un impero economico superiore a quello dei più celebri Rockfeller e J.P. Morgan. Una famiglia che da una parte incarna l’american dream e dall’altra ne rappresenta la tragica parabola discendente. Chi era Huguette Clark e perché un premio Pulitzer come Bill Dedman ha dedicato quattro anni a scrivere la sua storia? Quella «nuova paziente» citata all’inizio è proprio Huguette e quel medico internista si trovò davanti a «un’apparizione spettrale»: nella penombra di un attico separato dal mondo attraverso tende chiuse, illuminato da un’unica candela, tra immense biblioteche e quadri di Renoir, Cézanne, Degas, Manet e Monet, intravide una vecchia signora con il volto devastato da un cancro mai curato. Invitata a ricoverarsi con urgenza in ospedale, quella sera stessa del 1991 scelse, invece, una clinica privata dove trascorse i vent’anni successivi.
Era seguita da un infermiere personale di notte e di giorno e in quella clinica – più nota alle cronache come ricovero d’élite specializzato in disintossicazioni (tra gli ospiti Marylin Monroe a Michael Jackson) – fece costruire una tenda che impedisse di filtrare all’interno anche al minimo raggio di sole. Bill Dedman, con l’aiuto di Paul Clark Newell (cugino di Huguette), ha costruito il suo libro basandosi su interviste, documenti privati e registri pubblici e su oltre 20mila pagine di documenti privati di Huguette. Una ricerca immensa, ma indispensabile per tracciare il ritratto di una famiglia dai mille misteri a partire proprio da questa donna. Nata a Parigi nel 1906, fino ai cinquant’anni visse la New York della «Golden Age» per poi ritirarsi per sempre a vita privata. «La donna più ricca degli Stati Uniti», come la chiamavano i giornali dell’epoca, era cresciuta a New York in una casa di sette piani, centoventuno stanze, piscine private, impianti di filtrazione dell’aria e quattromiladuecento lampadine. Progettata da Henri Deglane (l’architetto del celebre Grand Palais di Parigi), era costata dieci milioni di dollari (era il 1911, oggi sarebbero 310 milioni) e soltanto il mobilio era valutato tre milioni, per non contare la biblioteca con testi rarissimi, riscaldata da un camino prelevato da un castello normanno del XVI secolo, lo studio del padre con alla parete il ritratto di Gilbert Stuart a George Washington (che oggi appare sulle banconote da un dollaro) e oltre trenta persone a servizio giorno e notte.
Una fortuna che il padre di Huguette, William Andrews Clark, costruì da solo. Nato nel 1839 in una casetta di legno di quattro stanze in Pennsylvania, mentre tutti erano ancora impegnati nella corsa all’oro lui inseguì il rame: aveva intuito che quello, in un’epoca di energia elettrica e telecomunicazioni nascenti, sarebbe stato ricercatissimo. Comprò quasi tutti le miniere di rame esistenti in America, acquistò lotti di terreno nel deserto (dove poi venne edificata Las Vegas), divenne editore e per i suoi dipendenti costruì una città modello con tanto di biblioteche e scuole, assicurazioni in caso di invalidità e bonus di produzione. A Clark non venne mai perdonata la decisione di dare un contributo al proprio Paese scegliendo di entrare in politica. Lo accusarono di aver comprato i voti per diventare senatore, fu espulso, ma poi riammesso dopo un esilio forzato e contro l’opinione di molti intellettuali e scrittori come Mark Twain (che lo definì «l’uomo più corrotto d’America», per poi venire sbugiardato). Quando morì lasciò a Huguette un patrimonio che oggi si può stimare in tre miliardi di dollari.
Da ultima esponente della dinastia, la ragazza per qualche anno frequentò i salotti mondani newyorchesi per poi ritirarsi a vita privata. Collezionista di quadri, suonava violini Stradivari, ma la sua passione erano le bambole: spese una fortuna per vestirle (con raso francese e abiti Dior) e farle abitare in casette che faceva costruire da artigiani tedeschi con un rarissimo legno giapponese. Oltre duemila bambole, ognuna con un proprio mondo da sogno miliardario. «A colazione mangiava solo banane e per pranzo cracker con sardine», negli anni ’60-70 faceva registrare a una cameriera assunta appositamente soltanto cartoni animati, facendo poi trascrivere ogni parola di ogni episodio degli Antenati. Scampata sia al naufragio del Titanic, sia al crollo delle Torri Gemelle, Huguette morì nel 2011 lasciando la maggior parte dei suoi beni non ai parenti, ma alle persone più umili che l’avevano aiutata: infermieri, camerieri e gli artigiani che avevano lavorato alle sue bambole. A patto, però, che i loro figli completassero tutti gli studi. Così Huguette ha voluto riempire le «dimore vuote» di una vita americana.