Corriere della Sera, 13 febbraio 2015
Elogio del libertinaggio, l’arte erotica in grado di dischiudere i beati paradisi del sesso. Un’arte che non ha nulla a che vedere con Strauss-Kahn capace solo do ferire e umiliare una donna, di farla sentire simile a un animale, carne macellata gettata sul marmo, che si manipola, si sbatte, si apre e si rivolta secondo voglia
Libertino è bello? Ovvio che sì. Perché il libertino è scapestrato, anarchico, rivoluzionario oltre che libero, naturalmente. Non si attiene a noiose regole buone per le masse, è diverso, speciale, affascinante, seducente. Libertini erano Casanova, Don Giovanni e lo è anche il novello eroe (pur così mal rappresentato al cinema) delle «Sfumature» di rosso, di grigio e di nero.
Non vorrebbero tutti gli uomini essere come loro? E tutte le donne non sognano forse in fondo al cuore di avere a che fare, per una volta, almeno, con un uomo così, invece del fedele fidanzato o marito non tanto brillante, non (più) tanto eccitante?
E le libertine? Anche loro seducono, eccome, seducono; sono affascinanti e inquietanti e quando se ne materializza una preceduta da simile fama, un brivido percorre i presenti, maschi o femmine che siano. Chissà quali segreti giochi costei conosce – si dicono – e chissà i beati paradisi del sesso che saprebbe dischiudere. In più – anche questo di sicuro lo si apprezza – la libertina la si può prendere e lasciare senza troppe cerimonie, cerca spasso, la libertina, cerca diversivo, divertimento, avventura, non banale accasamento, non la solita, uggiosa sistemazione di coppia.
Via libera, dunque, al libertinaggio, sia pure, a volte, un po’ mitizzato, perché anche Casanova, impiegato come sottobibliotecario là nel castello boemo di Dux, finisce per soffrire di gotta e di mal di stomaco, e si può immaginare che anche Don Giovanni avesse somiglianti guai di salute visti il suo «orrido appetito» e i «bocconi da gigante» con i quali si ingozza nel corso dei festosi banchetti mozartiani. Del novello seduttore delle «Sfumature» non sappiamo ancora, ma chissà che anche a lui, nel probabile prossimo quarto o quinto sequel della saga erotica, non capiterà prima o poi una qualche défaillance che, verosimilmente, potrebbe almeno un poco compromettere la sua carriera e fama di libertino.
Ma va anche detto che mai come in tempo di crisi il libertinaggio può essere una risorsa, una consolazione, un prezioso diversivo per dimenticare le quotidiane miserie, moglie o marito eventualmente depresso, figli magari disoccupati, e a maggior ragione allora si dirà che il libertino – o la libertina – ha tutti i diritti di esercitare la sua, speriamo raffinata, arte.
Ma è davvero arte così raffinata quella descritta dalle partner del sedicente grande libertino Dominique Strauss-Kahn? Il quale, stando alle testimonianze delle dirette interessate, nel corso degli incontri le ha trattate «come bestie»? Sia che fossero, come sostiene l’accusa, prostitute sia che, come sostiene l’imputato, fossero, invece, semplicemente giovani donne «vogliose di giocare», trattare come bestia una «compagna di giochi» più che a libertinaggio fa in realtà pensare a perversione. E può la perversione, quella che ferisce e umilia una donna, quella che la fa sentire, appunto, simile a un animale, carne macellata gettata sul marmo, che si manipola, si sbatte, si apre e si rivolta secondo voglia, essere comparata alla raffinata arte della seduzione erotica?
Che Strauss-Kahn sia condannato? E chi se ne importa. Appena potrà, riprenderà comunque a «giocare», come dice lui, magari con più discrezione; e coloro che vorranno giudicarlo – sia, secondo legge, dentro i tribunali che, umanamente, fuori – passeranno per conservatori retrivi e paurosi, per intolleranti incapaci di apprezzare i pochi piaceri che offre la vita. Sarà anche così, però l’esaltazione dell’ex direttore del Fondo monetario internazionale, la sua elevazione all’altare di san Libertino martire (di cui tanti, si sa, vorrebbero almeno idealmente imitare le gesta) non sembra così necessaria.