Corriere della Sera, 13 febbraio 2015
Hayat Boumeddiene, la vedova del terrorista Amedy Coulibaly, diventa una star e rilascia un’intervista alla rivista dell’Isis Dar al Islam nella quale esalta il ruolo del marito, sottolinea il legame con il Califfato e invita altri musulmani in Europa a intraprendere il cammino di lotta. In copertina una foto della Tour Eiffel con il titolo: «Allah maledica la Francia»
All’Isis interessa il fronte europeo, terreno di conquista e proselitismo, molto vicino ai confini del Califfato. E la sua azione – incessante – si rivolge alle future reclute usando testimonial preziosi. Quelli che definisce i modelli da seguire. Ecco allora l’uscita contemporanea di «Dar al Islam», tutta in francese, e «Dabiq»: le due riviste online del movimento dedicano molto spazio agli attacchi di Parigi, pubblicando un’intervista ad Hayat Boumeddiene, la moglie di Amedy Coulibaly, responsabile della strage nel negozio kosher.
La donna, 26 anni, che ora ha preso il nome di Um Basir al Muhajirah, è indicata soltanto come la «sorella». Dice di aver raggiunto facilmente lo Stato Islamico, ma non precisa dove. Esalta il ruolo del marito, sottolinea il legame con l’Isis, invita altri musulmani in Europa a intraprendere il cammino di lotta. L’intervista – se veritiera – conferma gli esiti delle indagini dopo gli attentati. Hayat ha lasciato Parigi, quindi il 2 ha preso un aereo a Madrid ed ha raggiunto Istanbul insieme ad altre quattro persone. Infine sarebbe entrata in Siria, in una zona sotto il pieno controllo dei jihadisti del Califfo. E la sua comparsa era in qualche modo attesa dai servizi di sicurezza: perché permette al leader al Baghdadi di rivendicare il coinvolgimento negli attentati che hanno scosso la Francia.
L’Isis ha atteso solo qualche settimana e poi ha confezionato il pacchetto inserendo la breve intervista nel numero di «Dar al Islam» che ha in copertina la Torre Eiffel, si intitola «Allah maledica la Francia» e contiene molti articoli dedicati proprio alla situazione nel paese.
Compaiono anche le foto di Abu Basir Abdullah al Ifriqi, nome di battaglia di Coulibaly, che agli occhi della fazione ha interpretato il comportamento di un vero mujahed. Un tema che ritorna in modo ampio anche sulle pagine di «Dabiq». Il magazine in lingua inglese discute di Parigi, giustifica la caccia ai cristiani e parla della sparatoria di Verviers, in Belgio, dove sono stati uccisi due reduci del conflitto in Siria. A farlo un protagonista, Abu Umar al Baljiki, il terrorista ritenuto il coordinatore della cellula nascosto per alcuni giorni in Grecia. Il militante spiega tutte le fasi: dall’infiltrazione alla preparazione delle armi, dalla battaglia costata la vita ai complici al suo ritorno in Siria.
Le interviste rientrano nella campagna lanciata in questi giorni che sembra proprio rivolta ai jihadisti di lingua francese. Uno di loro è comparso nel video-reportage dell’ostaggio britannico John Cantlie. Un altro transalpino è stato protagonista di un attacco suicida contro il Camp Speicher in Iraq. C’è poi un filmato dove un guerrigliero si esprime in francese, al suo fianco alcune persone armate. Tra queste c’era forse una donna con il volto mascherato: per alcuni era proprio Hayat Boumeddiene.
Il piano dell’Isis è evidente. Con l’estesa produzione dedicata alla Francia gli islamisti ravvivano l’effetto innescato dal massacro, catturano l’attenzione dei media. Puro marketing del terrore.