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 2015  febbraio 13 Venerdì calendario

Il Fmi promette 40 miliardi per salvare l’economia dell’Ucraina, ormai sull’orlo della bancarotta, con la moneta nazionale in picchiata e un crollo del Pil provocato anche (ma non solo) dalla guerra

Il rublo balla al ritmo delle notizie di Minsk, la hrivna vive invece i suoi minuti di gloria dopo la notizia che il Fmi stanzia per Kiev 15,5 miliardi di euro di prestiti. Il difficile negoziato è stato concluso mentre era ancora in corso la trattativa a quattro per la tregua, e Christine Lagarde promette a Kiev un totale di 40 miliardi di aiuti nei prossimi quattro anni, distribuiti tra varie organizzazioni internazionali. Una boccata d’ossigeno all’ultimo momento, con la moneta nazionale in picchiata e un crollo del Pil provocato anche (ma non solo) dalla guerra. In cambio Kiev si impegna a riforme strutturali «ardite» come le definisce la direttrice del Fmi, che andranno a colpire pesantemente le tasche degli ucraini, già alleggerite da un aumento del 50% dei costi sul gas e il riscaldamento.
Chi cederà per primo?
Se la guerra è una prosecuzione della politica con gli altri mezzi, l’economia è un fronte di guerra parallelo, dove russi e ucraini combattono nella speranza che l’avversario crolli prima. L’Ucraina è a un passo dal default, e resta gravata da un debito che nel 2014 l’ha costretta a ripagare 14 miliardi di dollari a fronte di 9 miliardi di aiuti. La Russia produce solo notizie economiche precedute dal segno meno. Il rublo a gennaio ha perso un altro 10% di valore contro il dollaro, mentre l’inflazione su base annua ha raggiunto il 15,6% e le riserve della Banca Centrale sono scese di 1,6 miliardi di dollari in una sola settimana, a 374,7 miliardi. E il premier Dmitri Medvedev ha aperto i cordoni del Fondo di riserva per tirarne fuori altri 500 miliardi di rubli per tappare i buchi di bilancio.
La crisi strutturale, le sanzioni occidentali e il barile in picchiata hanno trasformato in un anno la Russia da paradiso dei consumi in economia in crisi. L’Associazione dei consumatori chiede al governo di far tornare le tessere per il cibo, non più il razionamento di sovietica memoria ma piuttosto dei «food stamps» sul modello americano. A dicembre l’85% dei redditi delle famiglie è stato speso in beni e servizi essenziali, con diversi produttori e importatori che annunciano aumenti di prezzi del 20-30%.
Ferie forzate in fabbrica
La Renault ha mandato in ferie gli operai della sua fabbrica di Mosca, come hanno già fatto Volkswagen, Danone e altre multinazionali. Gli investimenti negli immobili industriali sono scesi in un anno di 26 volte. Ma le notizie più inquietanti arrivano dal fronte dei consumi: la svalutazione del rublo e i rischi politici hanno convinto quasi tutti gli esportatori stranieri a chiedere ai partner russi un prepagamento del 100%, e le banche schiacciate dal costo del denaro al 15% non offrono crediti. L’Associazione degli importatori russi annuncia che il volume degli acquisti all’estero è sceso in alcuni settori fino al 15% dell’anno scorso. E questo significa che con un’offerta ridotta sul mercato i prezzi saliranno ancora, nonostante la procura generale lanci raid nei supermercati per punire i commercianti che riscrivono i cartellini.