Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 13 Venerdì calendario

La Bce darà altri 5 miliardi alle banche greche. Questo il compromesso dell’Ue con Tsipras. Intanto il premier ha promesso che «rispetterà regole fiscali ed equilibrio di bilancio, non tornerà al deficit» e si è detto «fiducioso di trovare una soluzione in grado di sanare le ferite dell’austerità e riportare l’Europa sulla strada della crescita»

È stato il presidente socialista francese François Hollande a presentare il premier greco di estrema sinistra Alexis Tsipras alla cancelliera tedesca di centrodestra Angela Merkel. Questo primo «faccia a faccia» diplomatico e generico è avvenuto a Bruxelles prima dell’inizio del Consiglio dei 28 capi di Stato e di governo dell’Ue. Ha dato il via al tentativo di trovare un compromesso tra le opposte posizioni di Berlino e Atene su come evitare il fallimento della Grecia, schiacciata da un debito vicino al 180% del Pil e da un impoverimento dilagante. Un segnale ieri è giunto dalla Bce che ha aumentato di 5 miliardi i prestiti d’emergenza alle banche greche.
«L’Ue cerca sempre il compromesso, questo è il suo successo – ha dichiarato Merkel —. La Germania è pronta. Ma va detto che la credibilità dell’Ue dipende dal rispetto delle regole e dall’essere affidabili». Tsipras si è detto «fiducioso di trovare una soluzione condivisibile in grado di sanare le ferite dell’austerità e riportare l’Europa sulla strada di crescita e coesione sociale». E pur segnalando che «c’è ancora distanza» tra le posizioni ha promesso che Atene «rispetterà regole fiscali ed equilibrio di bilancio, non tornerà al deficit».
Lo scontro tra Berlino e Atene è principalmente politico. Tsipras ha vinto le elezioni promettendo la fine delle misure di austerità imposte dalla troika dei creditori (Commissione, Bce e Fondo monetario), che ha accusato di aver impoverito milioni di greci per aiutare principalmente le banche tedesche e di altri Paesi esposte in Grecia. Merkel ha garantito ai suoi elettori e al sistema bancario nazionale di continuare a pretendere il rigore di bilancio dagli Stati mediterranei della zona euro con debiti eccessivi.
La difficoltà di avvicinare le due posizioni è emersa nell’Eurogruppo di mercoledì scorso, dove i ministri finanziari di Atene e Berlino, Yanis Varoufakis e Wolfgang Schäuble, non hanno trovato l’accordo nemmeno sulle parole del comunicato finale interlocutorio. La Germania pretende che venga confermato il programma con riforme e misure di austerità accettate in passato, magari diluendo i tempi e alcuni impegni. La Grecia vuole ribaltare tutto con un piano di investimenti per il rilancio dell’economia reale, eliminando il rigorismo che ritiene abbia aggravato la recessione.
Le divergenze tecnico-finanziarie appaiono invece limitate. Tsipras ha accettato una serie di incontri tra tecnici greci e dei creditori in un colloquio con il presidente olandese dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, che era al summit Ue per riferire sull’esito negativo della riunione dei ministri finanziari di mercoledì scorso. Iniziano oggi per favorire la conclusione di un compromesso nell’Eurogruppo di lunedì prossimo. Ad Atene basterebbero 10-15 miliardi per evitare l’insolvenza fino all’estate, una riduzione dell’obbligo di avanzo primario nel biennio (da circa il 5% all’1,5%) e la sostituzione dei diktat della troika con la consulenza dell’Ocse di Parigi. A Berlino non si impuntano su queste somme modeste, dopo aver orientato una gran massa di miliardi a vantaggio delle banche esposte in Grecia. Pretendono però che si parli di estensione del programma concordato e dei relativi impegni. Proprio quello che Tsipras ha promesso di rifiutare: anche a costo di preferire gli aiuti offerti da Russia e Cina. Il presidente della Commissione Juncker, insieme ai numeri uno di Consiglio (Tusk), Bce (Draghi) ed Eurogruppo (Dijsselbloem), ha così esortato i leader a concordare un cambio radicale verso maggiore «coordinamento e solidarietà» nelle politiche economiche per rilanciare crescita e occupazione.