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 2015  febbraio 12 Giovedì calendario

L’ultima sfida della scienza: manipolare il clima per ridurre i gas serra. Allo studio soluzioni per succhiare l’anidride carbonica o combattere il riscaldamento del pianeta. Ma gli esperti si dividono sui costi e le conseguenze

Non possiamo negoziare il nostro stile di vita? Non possiamo smettere di produrre, riscaldarci, muoverci in automobile? Allora è necessario pensare a sistemi per pulire il pianeta. Pulirlo dai gas serra che stiamo immettendo da decenni nell’atmosfera, e proteggerlo dal riscaldamento climatico e dai suoi devastanti effetti. È una filosofia che per anni è andata forte tra alcuni scienziati, soprattutto di scuola americana. E la sua applicazione pratica è la ricerca di soluzioni tecnologiche per intervenire volontariamente sull’ambiente del pianeta, che collettivamente vengono chiamate geoingegneria.
A proposito dei cambiamenti climatici la sfida della geoingegneria è quella di intervenire nel complesso sistema che regola il clima globale “aggiustandolo” dopo che lo abbiamo “rotto”. Le tecniche proposte sono essenzialmente due. C’è chi vorrebbe di succhiare l’anidride carbonica atmosferica in eccesso attraverso sofisticati impianti di pulizia dell’aria. E addirittura chi studia il sistema di inspessire la stratosfera con goccioline di acido solforico, per far rimbalzare parte dei raggi solari nell’universo e ridurre la quota naturale di riscaldamento del pianeta. Tutto questo ci lascerebbe liberi di continuare a immettere in atmosfera gas serra, di continuare a riscaldare il pianeta, e rimanderebbe i problemi a un futuro remoto in cui la tecnologia sarà più avanzata di adesso.Ma funziona? Dopo anni di dibattito, gli scienziati americani della National Academy of Sciences (Nas) hanno risposto con un “ni”. E hanno voluto insistere: l’unica cosa da fare per limitare i problemi climatici del pianeta è ridurre le emissioni di gas serra. Il rapporto della Nas è stato pubblicato due giorni fa ed è il risultato di diciotto mesi di lavoro da parte di un team di sedici esperti. E il suo riassunto è una ramanzina per l’umanità: non pensiate che la scienza possa darvi una bacchetta magica con cui, un giorno, riparare i danni dell’inquinamento. Cercate piuttosto di cominciare subito a crearne meno.
Le tecniche di geoingegneria, dicono oggi gli scienziati americani, potrebbero essere rischiose. Non è chiaro, inoltre, se siano davvero efficaci, soprattutto visti i costi. E di certo non saranno sufficienti a risolvere la questione. Per questo siamo alla presa di posizione più fredda di ogni precedente sul tema. Che si propone anche di cominciare a parlare di “interventi climatici”_, più che di “ingegneria”: per non dare l’impressione prematura di un controllo che ancora nella realtà non abbiamo.
Questo però non significa che non valga la pena averla studiata e continuarla a studiare. Anzi: «proprio il fatto che ci siano scienziati impegnati sugli interventi geoingegneria dovrebbe essere un campanello d’allarme: – ha spiegato Marcia Mc-Nutt, la presidentessa della commissione ed ex direttrice della commissione scientifica governativa US Geological Survey – significa che dobbiamo davvero fare di più per ridurre le emissioni, che poi è il modo più efficace e sicuro per combattere i cambiamenti climatici». Ma non solo: ci sono forti investimenti sulle sfide della geoingegneria, come quelli di Bill Gates che ha finanziato una ricerca di Harvard per lo sviluppo di modelli informatici sul clima futuribile. E su questi il rapporto è chiaro: bisogna continuare a studiare.
Ma attenzione, precisa. Non ci sono problemi soltanto ambientali o di costi, dietro alla geoingegneria. Spruzzare acido solforico negli strati alti dell’atmosfera per produrre un parasole spaziale potrebbe infatti porre problemi di natura politica e sociale. Perché, se anche funzionasse, potrebbe diventare una soluzione locale a un problema globale: potrebbe, cioè, essere sviluppata a copertura dei paesi ricchi, da sempre più inquinanti, facendoli sentire autorizzati a continuare a inquinare. Tutto questo a spese di quelli poveri, sempre più scoperti sotto al sole battente.