Il Messaggero, 12 febbraio 2015
Le sanzioni alla Russia fanno male all’Ue: finora persi 22 miliardi di Pil. A carico di Mosca i danni più pesanti: previsti 70 miliardi di perdite nel 2015
Si chiama “superamento della fase 3” lo spettro di nuove sanzioni agitato dalla diplomazia europea contro la Russia, in caso di fallimento di Minsk. Malvolentieri, faticosamente, dolorosamente, i 28 hanno definito nei giorni scorsi l’allargamento della platea di oligarchi e bersagli delle sanzioni Ue che hanno colpito figure del regime, transazioni su banche russe e vendita di armi e tecnologia. L’allargamento riguarda 19 individui e 9 “entità”, ed è stato messo a punto un “lavoro preparatorio” sui possibili nuovi settori sanzionatori nei confronti di Mosca. Una guerra economica che sta facendo molto male alla Russia, con stime di perdita da 70 miliardi nel 2015 (20 del 2014), ma tutt’altro che indolori per l’Europa, in particolare per l’Italia.
GLI INTERSCAMBI
La fase 3 concerneva fra l’altro l’impossibilità di acquistare o vendere obbligazioni e azioni emesse da grandi banche statali russe, l’embargo sullo scambio di armamenti, tecnologie e consulenze militari, e interventi mirati a singoli esponenti del “cerchio magico” di Putin. Il problema riguarda per lo più l’Europa, non gli Stati Uniti, il che aiuta a spiegare l’intransigenza americana e la titubanza europea. Nel 2013 l’interscambio Usa con Mosca è stato di 26 miliardi di dollari, quello Ue di 440. La fotografia della svolta negativa per l’Italia nei primi mesi del 2014: rispetto a una crescita costante che dal 2012 al 2013 aveva prodotto esportazioni per quasi un miliardo di euro in più, da gennaio a aprile 2014 c’è stata l’inversione di rotta con un calo di 170 milioni rispetto allo stesso periodo del 2013. Da 3 miliardi 288 milioni a 3 miliardi 118 milioni. Forte il grido d’allarme di settori come la moda, l’alimentare e in generale il made in Italy. Nei primi 8 mesi del 2014, l’export di arredo verso la Russia ha perso quasi l’8 per cento.
QUEST’ANNO
A parte l’amarezza per i danni del 2014, il timore più grande riguarda il 2015, quando per Claudio Marenzi (Sistema Moda Italia) il calo del sell-in, la vendita all’ingrosso verso la Russia, tra il 7 e il 10 per cento nel 2014, potrebbe toccare il 50 per cento. Il crollo del rublo ha determinato la cancellazione di molti ordini e una diminuzione delle presenze di russi in Italia del 70 per cento. A rischio il 20 per cento della occupazione nelle imprese di settore. E se nel 2013 la Russia era il quinto mercato per le aziende calzaturiere, nei primi nove mesi del 2014 il calo è stato di oltre il 22 per cento in valore. Uno studio della Coldiretti stima invece in 200 milioni le perdite nel settore agroalimentare. A Madrid uno studio calcola che l’Europa ha perso per le sanzioni 22 miliardi di dollari. Il Paese più colpito, la piccola Lettonia che ha visto ridursi dello 0,25 per cento il Pil. Andrebbe poi computato il calo dell’interscambio con l’altro protagonista della guerra, l’Ucraina di Kiev (un calo di 138 milioni di euro nei primi tre mesi del 2014 dell’export italiano, rispetto a una crescita costante dal 2010). Infine, per far respirare l’economia ucraina la Ue ha già impegnato alcune decine di miliardi lo scorso anno.
IL DANNO PER MOSCA
Le sanzioni pesano ancor di più sulla Russia. Nel 2013 la fuga di capitali ha superato i 150 miliardi di dollari e nel 2015 si prevede un calo del Pil del 4,5 per cento e un’inflazione al 15. Limitate sarebbero invece le conseguenze nell’approvvigionamento energetico per l’Italia di un più duro braccio di ferro con Mosca, grazie alla diversificazione delle fonti perseguita dall’Eni. Drammatica la situazione per paesi come la Bulgaria, la Slovacchia e l’Ungheria, che dipendono interamente dalle forniture di gas che attraversano l’Ucraina.