Corriere della Sera, 12 febbraio 2015
La Russia è costretta a inviare in Ucraina reparti composti di reclute dal Caucaso e dall’Asia centrale. Ecco la legione straniera che si batte per Mosca
La guerra combattuta fino ad oggi nell’Ucraina sud-orientale si è rivelata ben diversa dall’operazione mordi e fuggi che l’anno scorso portò all’annessione della Crimea. Nella penisola che Krusciov aveva regalato all’Ucraina, truppe d’élite occuparono in poche ore i punti chiave appoggiati da miliziani locali, stabilirono posti di controllo e se ne andarono dopo aver svolto il loro compito. Nel Donbass è in corso una guerra tradizionale, spiegano gli esperti di cose militari, e sul fronte dei ribelli servono «volontari» a migliaia, in grado di rimanere sul territorio, di combattere a lungo, di tenere le posizioni.
Insomma, ci vuole una forza di intervento tradizionale. Quella che, secondo i detrattori della Russia, è stata messa in piedi ricorrendo a vari sistemi: costringere i soldati di leva a firmare per diventare professionisti e rimanere per due anni anziché 12 mesi; adoperare forze provenienti da repubbliche del Caucaso ed ex repubbliche sovietiche povere.
Non a caso, un mese fa Vladimir Putin ha firmato un decreto che consente di arruolare nell’Armata Russa anche stranieri. Vale a dire, almeno per ora, armeni e tagiki. I primi vengono addestrati nella 102° base di Gyumri e, ufficialmente, dovrebbero essere poi impiegati al posto dei soldati russi che verranno trasferiti in altre località non specificate. Anche i tagiki sono in fase di addestramento accelerato, ma, secondo l’esperto militare Aleksandr Golts, in parte seguiranno i soldati russi trasferiti «sulla frontiera Ucraina». Tremila uomini della 201° base in Tagikistan (Asia Centrale) partiranno tra breve verso la frontiera. Non si sa quanti potrebbero essere i locali che li accompagneranno.
Il presidente ucraino Petro Poroshenko aveva parlato nelle scorse settimane di novemila militari russi impegnati in incognito nel suo Paese. Il Cremlino smentisce tutto e afferma che vi si trovano solo alcuni volontari.
In ogni caso ci sono elementi assai concreti per affermare che questi «volontari» arrivano da tutta la Russia, dal distretto militare del Sud, da quello dell’Ovest, da quello Centrale.
Ci sono, secondo gli ucraini, forze del Gru, il servizio segreto militare, truppe da sbarco. Sono stati identificati uomini del 25° reggimento Gru di Stavropol, della 77° brigata d’assalto di Pskov, della 24° brigata di Novosibirsk; uomini del reparto lanciamissili Uragan della 288° brigata di artiglieria di Mulino, una cittadina ai piedi degli Urali.
Qui le madri dei soldati affermano di aver ricevuto tantissime segnalazioni di coscritti che vengono forzati ad apporre la firma. Diventano così militari di professione, vengono pagati dieci volte di più ma possono poi essere impiegati in ogni tipo di missione. Spesso dopo un addestramento del tutto insufficiente, così che i morti fra i russi sarebbero tantissimi.
Ufficialmente non esistono caduti in Ucraina, ma soldati che muoiono in incidenti, durante l’addestramento, nel mezzo delle manovre. Soprattutto di quelle che si tengono nel distretto di Rostov sul Don, proprio a ridosso delle aree ucraine occupate dai ribelli filorussi.
Evgeniya Vasilieva, presidentessa del centro «Reggimento Dimenticato» tiene il conto. Dall’inizio del conflitto sarebbero morti in Ucraina 4.300 militari russi, un numero impressionante, se confermato. Quasi quante sono le vittime ucraine contate dagli organismi delle Nazioni Unite, 5.400.
Secondo la Vasilieva, il ministero della Difesa russo ammette di aver perso «solo» 900 militari. Naturalmente non oltrefrontiera, ma in esercitazioni e incidenti. Una percentuale altissima, se si considera che la Russia è un Paese non in guerra e che ha ottocentomila soldati, tra coscritti e militari di mestiere.
Al di là di quella che potrebbe diventare una vera e propria legione straniera, in Ucraina combattono centinaia di «volontari» delle repubbliche russe. I ceceni innanzitutto, forgiati in anni di guerra. Ci sarebbero uomini della 18° brigata di fanteria di Khankala e 300 «ragazzi» della guardia presidenziale di Ramzan Kadyrov.
Poi raggruppamenti dell’Ossezia del nord e del Daghestan. I soldati provenienti da questa repubblica poverissima, secondo le madri dei soldati, sono pagati 3.600 euro per quattro mesi di volontariato.
Chi apre bocca su quanto sta accadendo finisce nei guai, come Lyudmila Bogatenkova, del comitato madri di Stavropol, arrestata per appropriazione indebita.
I ragazzi morti tornano a casa in bare di zinco senza insegne. Come i caduti in Afghanistan ai tempi dell’Unione Sovietica.