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 2015  febbraio 11 Mercoledì calendario

Così Cameron invita le imprese ad alzare i salari. A qualche settimana dalle politiche il premier propone un soluzione al quanto innovativa. Dato che l’economia britannica è in crescita bisogna stabilire una sorta di liaison fra il pil e la busta paga. Ovvero se il Paese cresce la “cedola” va staccata per tutti

Nel giorno della conferma che la crescita dell’economia britannica è destinata a durare, il premier David Cameron ha chiesto un dividendo per i sudditi di Elisabetta II. Il ragionamento, se non fosse a qualche settimana dalle elezioni politiche più incerte della storia recente del Regno, potrebbe anche essere sincero esempio di innovazione, stabilendo come sembra suggerire una liaison diretta fra il pil e la busta paga. La logica sottintesa è semplice: se il Paese cresce la “cedola” va staccata per tutti. In altre parole un esplicito incoraggiamento alle imprese affinché alzino i salari dei dipendenti.
L’invito è stato pronunciato dal primo ministro negli stessi istanti e nello stesso luogo in cui si andava consumando una singolare dinamica fra l’esecutivo conservatore uscente e il mondo produttivo. Mentre David Cameron incoraggiava a infilare nelle tasche dei cittadini parte dei benefici creati dalla sua politica economica – dividendo che nemmeno immagina possa passare da un aumento della spesa pubblica – il suo ospite, John Longworth, direttore generale della British Chambers of Commerce (Bcc), lo incalzava per dare una rapida risposta all’equivoco sulla partecipazione britannica all’Unione europea. Il mondo delle camere di commercio britanniche, come la maggior parte delle imprese, vuole vedere Londra ben collocata a Bruxelles, ma soprattutto vuole che il referendum promosso dai Tory non sia di intralcio e si tenga al più presto, prima, cioè, del 2017 fino ad ora immaginato. Un “dentro o fuori” da giocarsi nei prossimi mesi – entro il 2016 – secondo il direttore generale di Bcc per evitare il rischio di un’incertezza crescente.
Per il momento, in realtà, che il futuro possa essere fragile è ipotesi inconsistente, se ci si affida alla dinamica del pil. Il duetto Cameron-imprese s’è infatti consumato nelle stesso ore in cui il Niesr, uno dei più quotati think tank del Paese, annunciava la prima stima sulla crescita 2015 (il trimestre chiuso a fine gennaio). Una progressione dello 0,7 che lascia immaginare, a Londra e dintorni, un altro anno come quello passato, ovvero con una progressione del 2,5-3 percento.
Previsione che ha rafforzato i convincimenti del primo ministro. «Date alla Gran Bretagna un aumento di stipendio – ha detto – perché l’economia cresce come non accadeva da tempo ed è importante che tutti ne traggano beneficio. Lo sviluppo non si può leggere solo nei numeri e nella statistica, deve trovare riscontro negli stipendi e nella qualità di vita dei cittadini». Ovvio che se il “riscontro” avviene alla vigilia, o quasi, delle elezioni l’effetto sui votanti è un prevedibile consenso per l’esecutivo uscente e quindi per David Cameron.
La replica indiretta delle imprese l’ha scandita John Longworth mettendo in guardia il premier dai rischi del referendum sull’adesione all’Ue. È un mantra che echeggia in tutti settori del business, dai servizi finanziari alla manifattura, in un crescendo di preoccupazione per quanto potrà accadere in caso di Brexit. Ieri però il direttore generale delle Camere di Commercio britanniche ha insistito sulla tempistica, ovvero sulla necessità di anticipare di almeno un anno la consultazione popolare voluta da Cameron con un quesito secco che opporrà “si” o “no” all’Ue. Il rischio di fibrillazione eccessiva potrebbe pesare sulla performance economica, quindi meglio procedere subito. L’entourage del leader Tory non lo esclude, anzi potrebbe farne un altro grimaldello elettorale nella speranza di marginalizzare l’Ukip di Nigel Farage.
Il dialogo di ieri governo-imprese secondo il premier significa, in ultima analisi, che il business condivide la sua scelta. «Il mondo degli affari ci sta dicendo – ha insistito Cameron – che è giusta una strategia capace di dare alla Gran Bretagna la migliore opportunità di restare in un’Unione riformata in grado di agire nel nostro interesse… e questa è la mia linea». L’esemplificazione è estrema. Le imprese avrebbero probabilmente preferito evitare un passaggio tanto azzardato. La chiarezza sulla collocazione finale di Londra rispetto all’Europa è apprezzata, probabilmente, ma il Brexit resta per il business il peggiore dei mondi possibile.