la Repubblica, 11 febbraio 2015
«Faccio un figlio con mio marito morto quattro anni fa». La storia della vedova cinquantenne di Ferrara che vuole diventare madre grazie agli embrioni congelati
A cinquant’anni potrà avere un figlio dal marito defunto, grazie agli embrioni congelati e custoditi dal suo ospedale e a una sentenza del tribunale. Fa discutere il caso di una vedova di Ferrara che vuole diventare madre grazie alla fecondazione assistita. Un estremo atto d’amore in memoria del suo uomo che però diventa un caso etico e giudiziario.Tutto ha inizio nel 1996, quando la coppia si rivolge al Sant’Orsola di Bologna, centro d’eccellenza di livello nazionale. Con la fecondazione assistita, vengono creati otto embrioni, poi congelati. Il sogno di diventare genitori, infatti, s’infrange per colpa di un primo tentativo di gravidanza fallito e per una malattia che colpisce il marito: morirà nel 2011. Pochi mesi dopo, la moglie decide di tentare una nuova gravidanza e perciò chiede ai medici che le vengano impiantati gli embrioni conservati. La direzione dell’ospedale dice no: per legge, spiegano i medici, entrambi i coniugi devono essere in vita. La donna, assistita dall’avvocato Boris Vitiello, non si arrende e fa ricorso. In primo grado perde. Ma in appello ha il via libera del tribunale: può avere un figlio con gli embrioni ottenuti 19 anni prima assieme al marito.Non mancano le polemiche. Duro il commento del Vaticano: «Quale tutela per il bambino senza padre?» si chiede monsignor Renzo Pegoraro, della Pontificia Accademia per la Vita, che definisce la sentenza «un paradosso che lacera». Esulta l’associazione Luca Coscioni che però chiede «una riforma della legge 40». Dal Sant’Orsola, dove sono un migliaio gli embrioni congelati, l’esperta Eleonora Porcu dice: «Trovo giusta la decisione dei giudici. L’età della donna? Non sarà una passeggiata, ma la gravidanza non è impossibile».