la Repubblica, 11 febbraio 2015
Esce per Bompiani Houellebecq economista. L’ultimo libro di Bernard Maris, morto nella strage di Charlie Hebdo. Un saggio che appare come una provocazione sin da titolo. «Fare di lui un economista sarebbe vergognoso come assimilare Balzac a uno psico-comportamentalista ma nessuno meglio di lui sa cogliere la cancrena economica che pervade la nostra epoca»
I libri, a volte, appaiono come sinistri presagi. Nella patria del romanzo, i posteri ricorderanno Sottomissione, in cui Michel Houellebecq immagina una Francia governata da un partito islamico e che nel giorno dell’uscita in libreria, il 7 gennaio 2015, è finito suo malgrado al centro della strage di Charlie Hebdo. Il giornale satirico aveva dedicato la copertina proprio al libro di Houellebecq. La riunione di redazione era iniziata con accese discussioni sul valore del romanzo. Insieme ai vignettisti Charb, Cabu, Tignous, Honoré, c’era anche Bernard Maris, economista dissidente, da tempo amico del romanziere.
A lui aveva appena dedicato un libro: l’altro tassello di questa storia insensata. Autore di molti saggi contro l’ortodossia del liberalismo che ci governa, Maris aveva pubblicato a settembre un pamphlet, Houellebecq economista, ora tradotto da Bompiani: una preziosa reliquia per capire quanto pensiero, e non solo vita, ci possa essere in una stanza di giornale.
Maris era un veterano di Charlie Hebdo, ne aveva diretto per qualche anno la redazione, possedeva azioni della piccola cooperativa. «Sono profondamente colpito, è la prima volta che un mio amico viene assassinato», ha detto Houellebecq dopo l’attentato. Il romanziere è andato ai funerali di Maris, senza proferire parola. Emmanuel Carrère, che pure conosceva l’economista, ha ricordato invece la sua «faccia da attore americano» e i suoi silenzi «in cui potevi sentirti a tuo agio». Di certo, Maris non poteva prevedere che nella sua ampia bibliografia l’ultimo libro sarebbe stato quello dedicato all’ enfant terrible della letteratura francese. Un saggio che appare come una provocazione sin da titolo.
«Fare di Houellebecq un economista sarebbe vergognoso come assimilare Balzac a uno psico-comportamentalista», premette Maris che fa del romanziere il più efficace censore dell’approccio “quantificante” del nostro tempo. «Se la sofferenza dei protagonisti di Dostoevskij è legata alla morte di Dio – nota nel saggio – quella dei protagonisti di Houellebecq nasce dalla violenza perpetua del mercato». «Houellebecq economista» è insomma una battuta, ammette l’autore, «per svelare la triste morale e il pugno di ferro dissimulati sotto gli orpelli di una scienza».
Maris è profondamente convinto che l’economia non sia una scienza, e neppure un insieme di teorie esatte, con le quali analizzare il presente o, peggio, decifrare il futuro. L’autore paragona gli oracoli del nostro tempo ai “casuisti”, i gesuiti raziocinanti descritti nei Provinciali, che sarebbero della stessa «genia nociva e ragionatrice» destinata all’estinzione. «Senza l’opera di Houellebecq, nessuno si ricorderà più dell’economia e di quegli strani casuisti che saranno stati gli economisti». Maris sostiene che nessuno meglio del romanziere sia arrivato a cogliere «la cancrena economica che pervade la nostra epoca». Certo, riconosce l’economista, in molti grandi romanzi si parla di ambizione, crudeltà, egoismo, passione, soldi, successi e fallimenti. «Ma nessuno ha sorpreso la piccola musica economica, il sottofondo sonoro da supermercato che, con le sue note lancinanti e scialbe, inquina la nostra esistenza».
E così tutti romanzi dello scrittore francese vengono riletti come critica della ragion economica. Estensione del dominio della lotta parla del liberalismo e della concorrenza, Le particelle elementari del regno dell’individualismo assoluto e del consumismo, Piattaforma dell’utile, dell’inutile, della domanda e dell’offerta di sesso. Per capire la società postcapitalista che ha realizzato il fantasma di quegli “eterni kids” che sono i consumatori, prosegue Maris, bisogna leggere La possibilità di un’isola. Pur rimanendo nell’ambito della fiction, è possibile ritrovare nella narrativa di Houellebecq citazioni di Marx, Malthus, Schumpeter, Smith, Marshall, Keynes. Il romanziere parla di concorrenza, di distruzione creatrice, di produttività, di lavoro parassitario e di lavoro utile, di denaro. «E ne parla meglio degli economisti perché è uno scrittore», sottolinea Maris. «Ciascuna delle sue opere filtra e purifica tonnellate di documenti accatastati in migliaia di “dotte” biblioteche».
Il colpo di fulmine letterario è avvenuto per Maris con Estensione del dominio della lotta in cui Houellebecq tratteggia gli abissi della “cultura d’impresa”. Ma la rivelazione, continua l’autore, è La carta e il territorio. «Un grande romanzo d’amore, come tutti i romanzi di Houellebecq, ma anche una sottile analisi del lavoro, dell’arte, della creazione, del valore, del progresso, dell’industria». Maris cita il personaggio di Hélène, professoressa di economia all’università e consapevole, come scrive Houellebecq, di «insegnare assurdità contraddittorie a cretini arrivisti».
Maris era un intellettuale atipico, amico di giornalisti e scrittori, chiamato a recitare se stesso nel film Socialisme di Jean-Luc Godard. Prima di altri aveva previsto la crisi finanziaria e l’implosione dell’eurozona. La sua analisi si inserisce nella continuità di economisti “storicisti”, da Marx in poi, per criticare il mito liberale dell’equilibrio che nascerebbe dal gioco della domanda e dell’offerta. È stato uno strenuo difensore di Keynes, al quale ha dedicato un libro, perché «è il solo economista che collocava l’arte e la letteratura al di sopra di tutto, e in particolare degli imprenditori che trattava con ironia: non sono riusciti a essere degli artisti».
Nel saggio, Maris cita la frase che Houellebecq scrive in Piattaforma: «Il capitalismo è per principio uno stato di guerra permanente, una lotta perpetua che non può finire mai». Un “pensiero quantificante”, che ci fa ragionare in termini di management, collocamento, pensione, crescita, pubblicità, concorrenza «fino a roderci il cervello e renderci pazzi», osserva Maris. Siamo immersi nell’“individualismo metodologico”. «Ci percepiamo, in nome dell’economia, come atomi, autonomi pensanti, e così vivono i personaggi di Houellebecq, in una solitudine assoluta». Un processo di “atomizzazione della società”, termine usato dal romanziere in Particelle elementari, che a suo tempo, ricorda Maris, aveva affascinato Marx.
L’economia è pensiero dominante ma, spiega l’autore, «per comprendere la vita, gli economisti non smettono di togliervi il sale, l’amore, il desiderio, la violenza, la paura, il terrore, in nome della razionalità dei comportamenti». Alla fine di tutto, avverte Maris, si crea una falsa coscienza che potrebbe far pensare che ci sono più buoni tra i poveri che cattivi tra i ricchi. E invece, prosegue l’autore, la violenza è peggiore in basso alla società che in alto. «Non ci sono vittime sociali – conclude – Ci sono dei boia e delle vittime. E ci sono quelli che meritano di sopravvivere». Maris è morto a sessantotto anni. Houllebecq “sopravvive” in uno strano incrocio di destini. I libri, per fortuna, restano.