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 2015  febbraio 11 Mercoledì calendario

Quel «pacco» che lo Stato italiano continua a tirare al Comune di Catania

«Pacco operaio! Pacco lavoratore! Pacco massaia!», strillavano nei mercati gli ambulanti promettendo cartoni traboccanti di offerte speciali: «E ti ci metto la pentola inossidabile e lo stura-lavandini in moplen e il pratico apri-scatolette…». Era facile prendere una fregatura. Il «pacco» più voluminoso, però, continua a tirarlo da anni lo Stato italiano al Comune di Catania.
I Comuni, spiega una nota del municipio guidato da Enzo Bianco, «sono tenuti (in base alla legge n.392 del 1942) a provvedere al pagamento di tutte le spese necessarie per l’approntamento e manutenzione degli Uffici Giudiziari ricadenti sul proprio territorio» per poi essere rimborsati dal Ministero della Giustizia «sulla base di apposita elencazione degli oneri sostenuti». Una legge vecchia e stravecchia che, in seguito alla progressiva abolizione prima delle Preture e poi delle sezioni distaccate del tribunale e al conseguente accorpamento degli uffici giudiziari nei capoluoghi, ha finito per pesare moltissimo sul bilancio delle città più grandi. Come, appunto, Catania. Non bastasse, nella restituzione dei soldi anticipati dal Comune lo Stato fa il furbo. E se prima rimborsava l’80%, ha via via ridotto la quota, precipitata nel 2013 a un miserabile 25%. Risultato: dovendo sobbarcarsi per i servizi usati dal Ministero della Giustizia una spesa intorno ai 7 milioni e mezzo di euro solo per un quarto restituiti, i catanesi devono farsi carico ogni anno di 5,7 milioni. Una enormità. E non è finita. Il Palazzo di Giustizia in piazza Verga è infatti di proprietà dello Stato e, pertanto, in base alla legge del 1942 il Comune «dovrebbe essere estraneo ad ogni contribuzione relativa a tale bene». Macché: l’Agenzia del Demanio «ha provveduto a determinare il valore figurativo locativo di mercato del detto bene, e ha richiesto conseguentemente al Comune di Catania, il pagamento una somma di circa € 3.000.000 (per la presunta locazione degli ultimi dieci anni)». Traduzione: lo Stato vuole che il Comune gli paghi l’affitto per gli uffici giudiziari statali ospitati in un edificio statale per poi rimborsare un quarto del canone. E siccome il Comune, ovvio, faceva resistenza, gli ha mandato la cartella esattoriale. Come dire: guai a voi se non pagate subito. Diciamolo: Ghino di Tacco, il brigante medievale che dalla rocca di Radicofani al confine tra la Repubblica di Siena e lo Stato Pontificio imponeva un pesante balzello a chi transitava sulla Via Cassia, non avrebbe fatto di meglio…