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 2015  febbraio 11 Mercoledì calendario

La decisione di Berlusconi e i malumori di Forza Italia: l’opposizione totale alle riforme fa perdere credibilità al Partito

Nelle parole con cui il relatore Sisto, di Forza Italia, ha annunciato il suo ritiro dall’incarico di relatore per la riforma costituzionale del Senato si avvertiva un certo travaglio intimo. E quel riferirsi all’appartenenza politica come a un imperativo ineludibile cui va sacrificato il resto, ricordava la celebre sentenza di Gladstone: «fra la propria coscienza e il proprio partito un gentiluomo sceglie sempre il partito».
Anche Sisto ha scelto con correttezza il partito, ma ieri a Montecitorio era difficile sfuggire alla sensazione che in tanti all’interno di Forza Italia sono sconcertatati e dubbiosi. Berlusconi ha imposto la sua scelta (o meglio, quella che al momento appare la sua scelta) e in apparenza tutti si adeguano. Ma dietro le quinte l’inquietudine è grande. Si chiede al centrodestra di votare contro leggi e riforme che fino a ieri erano state sostenute e votate. Si pretende di denunciare una «deriva autoritaria» e persino dittatoriale del governo non per il merito di queste riforme, ché altrimenti non avrebbero dovuto essere approvate anche a destra, ma per la linea seguita da Renzi nella scelta del capo dello Stato. L’argomento non è molto convincente. In sintesi, Sergio Mattarella merita tutto il rispetto – lo ha ribadito Brunetta – ma il metodo seguito per la sua elezione apre la strada a uno scenario autoritario e illiberale. Addirittura giustifica che il centrodestra cambi posizione rispetto a una riforma costituzionale a cui aveva contribuito in notevole misura. Tanto è vero che Sisto, lasciando intravedere la sua lacerazione interiore, dice che «per un giurista non c’è niente di più esaltante che riformare la Costituzione».
Certo, per gli avversari interni del patto del Nazareno, fra cui lo stesso Brunetta, questa è una vittoria politica da non lasciarsi scappare. C’è sempre il rischio che Berlusconi torni sui suoi passi, senza troppo preoccuparsi di salvare le apparenze, ma per ora si può lavorare a costruire un muro fra il centrodestra neo-oppositore e la maggioranza di Renzi. Partendo dal fatto che non tutto é chiaro nella scelta del leader storico. Egli stesso alimenta una certa ambiguità, come quando afferma all’incirca: «ci sono riforme o parti di esse che sosterremo perché le giudichiamo positive, non perché discendono da un accordo con il premier».
E quindi l’opposizione «a tutto campo» finisce per scontrarsi con la logica. Una forza guidata da un ex presidente del Consiglio, quali siano state le sue traversie, che sceglie fino a ieri una linea di responsabilità istituzionale e oggi la capovolge per una vendetta, perde di credibilità. È questo che preoccupa gli esponenti di Forza Italia che in queste ore tacciono o parlano il meno possibile. Si avverte un profondo turbamento che non sfocia in un’opposizione aperta, salvo l’area facente capo a Fitto, ma nemmeno nel sostegno entusiasta con cui fino al recente passato venivano salutate le intuizioni tattiche – e talvolta anche strategiche – del leader.
Oggi molto è cambiato. Il meno che si possa dire è che la nuova linea annunciata in modo repentino da Berlusconi deve ancora essere spiegata ai quadri e agli stessi parlamentari. A breve può servire, ma non è sicuro, a ricompattare il partito e a non perdere contatto con Salvini: ossia il personaggio da cui Berlusconi è stato più volte insultato, ma che oggi, ai suoi occhi, appare trasfigurato dall’aureola del successo. Alla lunga però diventa incompatibile con il sentimento profondo di una larga fascia di parlamentari che non vogliono essere isolati o tagliati fuori dal processo riformatore. E che soprattutto non intendono regalare a Renzi la patente di uomo responsabile, il solo che lavora nell’interesse del paese e non della fazione.