la Repubblica, 11 febbraio 2015
La Serie A diventa cinese. Wanda Goup si compra per un miliardo di euro Infront, la lobby che muove i destini di 13 società e della Nazionale
I cinesi si comprano i diritti tv del calcio, cioè tutto. Comprano l’ossigeno che lo tiene in vita e lo smisurato potere che lo governa: non solo telecamere ma sponsor, pubblicità, e prossimamente gli stadi. La moviola con gli occhi a mandorla è assai più di una suggestione, è monopolio assoluto. Il vero padrone del calcio italiano (non i club, non la Lega, non la Figc) si chiama Infront, cioè la società appena acquisita dal colosso Dalian Wanda.
IL SUO capo, Marco Bogarelli, ha come alleati Galliani, Lotito, Beretta e Tavecchio. Ogni 100 euro nelle tasche del calcio, 60 arrivano da Infront. Più il nostro calcio sprofonda in campo, più fa gola sui mercati globali: in Europa siamo addirittura secondi per capacità finanziaria. Nonostante l’opposizione di Juventus e Roma, il controllo economico e politico di Infront è pressoché assoluto, l’antitrust ha dormito, la politica non ha ritenuto di intervenire.
Il risultato è che, Cina o non Cina, la potentissima lobby già muove i destini e le finanze di 13 società su 20 in serie A, compresa la Nazionale di cui è advisor senza concorrenti. È Infront a decidere se concedere o meno anticipi cash a chi è in crisi di liquidità, è Infront a pilotare le elezioni dei presidenti di Figc e leghe, è Infront a poter controllare in un futuro vicinissimo la produzione e la regia delle immagini delle partite, per poi venderle a Sky e Mediaset: questo, e non certo il fuorigioco di Tevez, riguardava lo sfogo di Galliani dopo Juve-Milan. I cinesi si sono fatti i loro conti, l’Italia è una briciola del banchetto (qui non si parla solo di pallone, ma di mille attività in tutto il mondo), però una briciola molto appetitosa. Le ombre sul grande fratello Infront sono gigantesche, visto che i cinesi l’hanno comprata da Philippe Blatter, nipote di Sepp, il capo del calcio mondiale: capito, adesso, perché il burosauro svizzero non molla la poltrona?
Le chiavi della cassaforte passano di mano, ma quello che conta è il forziere. Da Zurigo a Pechino, in fondo cambia poco. Più grave che questa deriva monopolista si sia prodotta in Italia senza che nessuno si opponesse, a parte Agnelli, la Roma e pochi altri. Vecchi e astutissimi marpioni come Galliani, Matarrese, Beretta, Lotito, hanno approfittato dei sonni e delle distrazioni altrui, tessendo una ragnatela che avviluppa decine di club per un giro d’affari di oltre un miliardo di euro. Un impero adesso illuminato dai raggi del sol levante, sul quale vigila, provvede e dispone un sovrano che qualche superficiale aveva dato per morto, cioè Adriano Galliani. Un mandarino, altro che signor geometra.
Maurizio Crosetti
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QUALCHE mese fa, il nome di Wang Janlin era stato accostato alla Roma. Unicredit stava vendendo le sue quote e, si disse, il secondo uomo più ricco della Cina voleva entrare al posto della banca. Poi non se ne fece nulla. Oggi si capisce perché. Wang Janlin non voleva entrare nel capitale di una squadra. Voleva comprare direttamente tutto il calcio italiano. Perché questo e non altro significa oggi acquistare Infront Italia: prendere il controllo dell’intero movimento, diventarne il padrone.La storia dell’inarrestabile ascesa dell’”advisor della Lega calcio” – così veniva, fino a poco tempo fa, sobriamente definita la società – è ormai cosa nota. Comincia nel 2008 quando Antonino Matarrese presenta Infront alla Confindustria del pallone come possibile advisor per la vendita collettiva dei diritti televisivi. In pochi, allora, sanno che cosa sia Infront, da chi sia gestita, dove voglia arrivare. Uno di questi è Adriano Galliani, che riconosce in Marco Bogarelli e nel resto del management di quella società, i “ragazzi” della ex “Media Partners” società del gruppo Fininvest. I “suoi” ragazzi. Così, aiutata proprio da Galliani e dal presidente della Lazio Claudio Lotito, Infront si aggiudica l’asta. È il primo passo. Tessendo una fitta tela di relazioni, giocando di sponda sulle debolezze di un sistema che conoscono alla perfezione, nel giro di pochi anni Bogarelli & co. assumono il controllo dell’intera macchina.La chiave – lo sanno bene – è il consenso dei presidenti. Che quando non è conquistato per via politica, viene letteralmente acquistato. «Il giochino è semplice» spiegava poco tempo fa a Repubblica un osservatore interno ai fatti della Lega, «Infront compra i diritti commerciali delle società che non riescono a vendere gli spazi commerciali dentro i propri stadi, sovrastimandone sistematicamente di qualche milione il valore. La cifra pagata in eccesso è il prezzo per il voto in Lega del presidente del club. Un costo aziendale».Il copione descritto è esattamente quello che ha portato prima Maurizio Beretta alla presidenza della Lega calcio e poi Carlo Tavecchio alla guida della Figc. Ad eleggere il banchiere e il candidato azzoppato dall’uscita su Opti Pobà e la banana, ci pensarono infatti tutti i club della “scuderia” di Bogarelli. Vale a dire Inter, Milan, Udinese, Genoa, Sampdoria, Lazio, Palermo e Cagliari. Tutte società che avevano e hanno ancora in vigore importanti contratti con Infront.Inutile dire che anche quelle di Beretta e di Tavecchio, proprio come la gestione della gara per i diritti tv, erano solamente tappe intermedie dell’ascesa. Che è continuata e continua a tutt’oggi. Pochi giorni dopo la nomina del presidente federale, Infront ha vinto la gara come advisor della Figc per la gestione commerciale della nazionale di calcio. A quella gara – il cui esito tutti davano per scontato già un istante dopo l’elezione di Tavecchio – partecipava anche la Rcs che adesso ha chiuso un accordo, sempre con Infront, per dare vita al canale televisivo della Gazzetta dello Sport (da settimane gli uomini di Bogarelli lavorano al quarto piano della nuova sede del quotidiano milanese).Ma la mission aziendale è evidentemente quella del monopolio assoluto. E così, dopo i diritti televisivi, dopo le nomine delle due massime cariche istituzionali, dopo aver messo le mani sulla nazionale e aver stretto amicizia con il primo quotidiano sportivo nazionale, Infront punta a occupare in via definitiva anche gli ultimi due spazi rimasti liberi: la vendita dei diritti di archivio, e la produzione televisiva delle partite. La legge Melandri per “risarcire” le grandi squadre dai danni provocati con il passaggio alla vendita collettiva dei diritti tv, lascia la possibilità alle squadre di vendere individualmente i propri diritti di archivio e di produrre autonomamente le immagini delle partite da vendere poi alle emittenti. Oggi molte squadre (non tutte) per entrambi i servizi si avvalgono proprio di Infront (che, secondo stime approssimative che circolano in Lega ci guadagna su una ventina di milioni l’anno). Per vari motivi però lo scenario sta cambiando e alcuni presidenti hanno deciso di cominciare a trattare individualmente su entrambi i fronti. Per questo a molti non è sembrata casuale la sparata di Adriano Galliani sul (non) fuorigioco di Tevez e la linea “storta” di Sky. «Hanno aperto il fronte», dicono in Lega, dove venerdì è attesa una specie di resa dei conti. Che non sarà l’ultima.Almeno a giudicare dalle dichiarazioni di ieri di Marco Bogarelli che parlando da padrone del vapore ha tranquillizzato “i tifosi italiani” circa il passaggio di Infront nelle mani del facoltoso immobiliarista cinese. Per loro «non cambierà nulla, ma cresceranno le prospettive di crescita del mercato italiano che potrà contare su una nuova potenzialità che investirà l’indotto, il capitolo stadi, tanto per dirne uno». Anche gli stadi.
Marco Mensurati