Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 11 Mercoledì calendario

E Atene chiede 160 miliardi di risarcimento per danni di guerra ma i tedeschi sono convinti, giuridicamente parlando, che l’intesa di Mosca del 1990, sia l’accordo di pace che pone fine a qualsiasi rivendicazione legata al secondo conflitto mondiale

La guerra dei debiti tra Grecia e Germania ha aperto ufficialmente un nuovo, caldissimo fronte: quello dei danni di guerra e dei prestiti forzosi imposti dal regime nazista (e dall’Italia fascista) ad Atene. Un mondo capovolto rispetto a quello di oggi dove è Berlino che deve – o dovrebbe – una valanga di quattrini ad Atene. Ma si rifiuta di pagarli. Ad accendere la miccia è stato Alexis Tsipras: «Abbiamo l’obbligo storico di chiedere indietro i nostri soldi – ha detto presentando il programma del governo in Parlamento –. È un dovere morale nei confronti del nostro popolo, della storia e degli europei che hanno versato sangue per combattere Hitler». La risposta è arrivata secca secca da Sigmar Gabriel, il vice-cancelliere tedesco: «Il caso è chiuso da anni – il suo messaggio al premier ellenico –. Le possibilità di riaprirlo sono uguali a zero».La questione del rimborso dei 476 milioni di Reichsmark prelevati dai nazisti dai forzieri della Banca di Grecia nel 1942 è una delle ferite mai davvero rimarginate nel paese. E Tsipras, in questo caso, raccoglie il testimone da Antonis Samaras che nel 2013 aveva annunciato la creazione (in realtà mai avvenuta) di una commissione per riaprire la pratica dei danni di guerra. La richiesta è tutt’altro che simbolica: la cifra del prestito forzoso di allora – ponderata con i capricci del Reichsmark, l’inflazione e gli interessi – «vale oggi 13 miliardi di euro», calcola uno studio di prossima pubblicazione dell’ex ministro dell’Economia ellenico Nikos Christodoulakis. Se si aggiungono i risarcimenti per i familiari delle vittime di eccidi come quello di Distomo (58 miliardi per gli standard internazionali) e per i danni alle infrastrutture durante l’occupazione del terzo reich, il totale sale a tre cifre. Più o meno un saldo finale di 162 miliardi secondo un rapporto interno dell’esecutivo Samaras.«Ho qui in tasca la richiesta di rimborso», ha detto ieri il ministro degli Esteri ellenico Nikos Kotzias in visita a Berlino. «Il conto l’abbiamo già pagato», gli ha risposto gelido Franz Walter Stenmeier. Atene ha ricevuto dalla Germania nel 1960 un assegno da 115 milioni di marchi – «un acconto» dicono sotto il Partenone – concordato nella Conferenza di Londra del ’53, quella dove era stato cancellato il 62% del debito bellico tedesco. E i tedeschi sono convinti, giuridicamente parlando, che l’intesa di Mosca del 1990 – (“Trattato per la regolamentazione finale delle intese con la Germania”) – sia l’accordo di pace che pone fine a qualsiasi rivendicazione legata al secondo conflitto mondiale. E quell’intesa, firmata dalla Grecia, non fa cenno al tema dei danni di guerra.«Storie, recuperare quei soldi è per noi un dovere morale e politico», ripete in questi giorni anche Manolis Glezos, novantenne icona di Syriza, l’uomo che nel maggio ’41, appena diciottenne, si è arrampicato sulle rocce dell’Acropoli per ammainare la bandiera con la croce uncinata, dando il via alla Resistenza ellenica e che due anni fa è stato coinvolto in scontri di piazza con la polizia. Atene ha ignorato per quasi tre decenni i suoi appelli. A frenare le pretese elleniche nel Dopoguerra sono stati gli alleati, convinti che non si potesse umiliare Berlino e si dovesse dare al paese la possibilità di risorgere dalle macerie belliche. Quando la Germania è ripartita, a gettare acqua sul fuoco ci ha pensato proprio lei, minacciando la Grecia di chiudere le frontiere agli immigrati ellenici se avesse avanzato richieste sui danni di guerra.Il percorso legale del resto è molto complesso. Un tribunale di Firenze, per dire, ha assegnato nel 2008 come risarcimento ai familiari delle 218 vittime dei nazisti nella strage di Distomo una villa di Menaggio di proprietà di una organizzazione no-profit tedesca. Berlino però si è appellata alla Corte dei diritti umani che ha ribaltato la decisione, sostenendo che i singoli non possono sostituirsi allo Stato in queste richieste. E stessa fine rischiano di fare nuove azioni elleniche in tribunale.Atene però non si è mai data davvero per vinta. A perorare la causa dei risarcimenti è stato qualche tempo fa il presidente Karolos Papoulias, un altro eroe della lotta contro l’occupazione tedesca, chiedendo al suo omologo Joachim Glauck di riaprire il dossier: «Sai che posso darti una sola risposta – gli ha risposto il presidente tedesco –. La strada legale per ottenerli è chiusa». I debiti della Grecia sono l’unica cosa di cui si parlerà oggi all’Eurogruppo. Ma quelli di guerra della Germania, come un spettro del passato che non vuol saperne di sparire, saranno ben presenti sul tavolo dei negoziati.