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 2015  febbraio 10 Martedì calendario

I forzisti non vogliono finire con la felpa di Salvini e l’alleanza con la Lega li mette in agitazione. Intanto pare che il Cavaliere sia convinto che prima o poi Renzi busserà alla porta di Arcore ma a palazzo Chigi si è convinti dell’esatto contrario

Il cartello”vendesi” Silvio Berlusconi lo ha messo già sulla porta di Forza Italia e il primo a precipitarsi è stato Matteo Salvini che domenica sera ha proposto al Cavaliere l’accordo per le prossime elezioni regionali. «Sarà un’intesa a 360°», sostiene il capogruppo della Camera di FI che non ha mai nascosto la voglia di fare «opposizione dura» anche quando Berlusconi era tutto schiacciato sul patto del Nazareno e il gruppo azzurro di Montecitorio disattendeva puntualmente le indicazioni di Brunetta.
DERIVA
«Ora che Fi è all’opposizione», per dirla con Salvini (anche se si guarda bene dal chiedere il voto anticipato), il gruppo della Camera verrà chiamato da oggi a fare opposizione dura sul testo delle riforme costituzionali che pochi giorni fa hanno votato a palazzo Madama perché i senatori azzurri non si sono accorti della «deriva autoritaria».
Domani il Cavaliere incontrerà i gruppi di Camera e Senato, ma la tensione dentro un partito ormai spappolato è altissima e molto scarsa la voglia dei deputati a mettersi a fare ostruzionismo insieme a grillini e Lega interrompendo il dialogo con Ncd. «Ma come, tre giorni fa ha detto che con Salvini parla solo di Milan e ora gli consegniamo il partito in Veneto, Liguria e Toscana?», s’interroga un deputato azzurro che ricorda anche come è andata a novembre in Emilia Romagna dove «noi abbiamo perso e la Lega, grazie al candidato presidente, ha vinto comunque». Ad agitare molti azzurri è la deriva anti-euro della Lega. «È assurdo. Non si capisce nulla. È per questo che io in tv non vado più – spiega un senatore di FI vicino a Verdini – per anni abbiamo rivendicato di aver fatto dimenticare alla Lega di Bossi la secessione e ora sposiamo le tesi lepeniste di Salvini contro l’Europa pur appartenendo al Ppe».
La valanga di dubbi e contraddizioni non sembrano turbare più di tanto il Cavaliere che ieri ad Arcore, nel tradizionale pranzo del lunedì, ha resistito persino agli argomenti di Confalonieri e dei figli, in testa Marina, che considerano quello dell’ex premier un doppio azzardo. Ennio Doris, che venerdì scorso sul Corriere definiva il Patto del Nazareno «una cosa buona per il Paese», ha disertato il pranzo (complice una trasferta in Sudamerica) ma ha fatto parlare il figlio Massimo che ha snocciolato dati da record per Mediolanum rivendicando una raccolta doppia a gennaio rispetto allo scorso anno. Proprio perché «Renzi non è D’Alema», come sostiene Verdini, l’ala aziendale di FI teme ripercussioni e vendette anche se ieri apprezzava l’apertura del ministro Boschi che, intervistata da La Stampa, ha spostato l’approvazione dell’Italicum molto in là: «Prima dell’estate» e quindi dopo le elezioni regionali di primavera durante le quali la campagna elettorale obbliga distinguo e contrapposizioni.
GHIGLIOTTINA
A questo spiraglio si attaccano i “pattisti” azzurri che considerano un errore schierarsi «contro le riforme già da noi votate» e consegnarsi a Salvini – che guida un partito che avrebbe già sorpassato FI – e «accredita l’idea che siamo allo sbando perché ci inserisce tra coloro che chiedono di entrare nella Lega». Anche se ormai il dado è tratto e l’opposizione di FI alla Camera è ormai scontata, di «deriva autoritaria» delle riforme parlano solo i pasdaran azzurri. Soprattutto coloro che sperano di farla franca e di scampare alla ghigliottina che Raffaele Fitto ha issato in piazza San Lorenzo in Lucina e sotto la quale intende far passare tutti i vertici del partito e dei gruppi e non solo Verdini. L’ex governatore della Puglia non sembra accontentarsi del cambio di linea e chiede un cambio di teste che però lo stesso Berlusconi non intende concedere nel dubbio, forse, che sotto la lama finisca prima o poi anche la sua. La convinzione di tornar presto in pista con la fine anticipata dei servizi sociali ha in questi giorni galvanizzato il Cavaliere che però ieri ha dovuto fare i conti con l’ennesimo rumore sinistro giunto dal tribunale di Milano e contenuto nelle motivazioni della corte d’Appello sul processo Ruby. Anche se dalle aziende si chiede prudenza e di valutare bene l’intesa con Salvini, il Cavaliere è convinto che prima o poi Renzi busserà alla porta di Arcore per ripristinare quel clima che ha permesso al governo di lavorare in Parlamento in relativa tranquillità. A palazzo Chigi si è convinti dell’esatto contrario e che il varo a Montecitorio delle riforme costituzionali consegnerà a Berlusconi una nuova sconfitta dagli esiti imprevedibili anche nei gruppi di FI. In sostanza si dà per molto probabile, dopo il voto sulle riforme costituzionali a Montecitorio, l’uscita verso il gruppo misto o delle Autonomie di un gruppo di senatori azzurri «che – spiega uno di questi – «non vogliono finire con la felpa di Salvini».