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 2015  febbraio 10 Martedì calendario

I russi riscoprono l’odio per l’America. Nei locali di Mosca si moltiplicano i cartelli che prendono di mira Obama, il nemico

Il signor Barack Obama, proprio lui, non è gradito ai banconi della birreria Ladia dietro alla stazione Kurskij. E nemmeno in un paio di caffé sull’Arbat o alle spalle della Piazza Rossa. All’ingresso di ognuno di questi locali c’è proprio un cartello fatto a mano che specifica che con il succitato personaggio non si vuole avere niente a che fare. In una bottega di miele in pieno centro c’è invece addirittura una lunga spiegazione: «A causa delle nostre personali sanzioni, il signor Obama è inibito a frequentare questo negozio». Niente di clamoroso, giusto un pizzico di goliardia ispirata dal patriottismo e dal senso di accerchiamento crescenti. Come quegli adesivi colorati che cominciano ad apparire sui parabrezza di qualche utilitaria e anche di qualche limousine. Alcuni recitano sbrigativi: «Stop Obama». Altri vanno più al sodo: «Obama è un coglione».
Il soggetto è sempre e solo lui, il presidente “ostile”. I turisti americani restano i benvenuti e anche i clienti più ambiti. Ma qualcosa è cambiato nell’atteggiamento generale, la diffidenza è cresciuta come ai tempi della prima Guerra Fredda, quella finita venticinque anni fa. L’istituto di sondaggi “Levada Center”, detestato da Vladimir Putin per l’irriverenza dei suoi risultati che spesso smentiscono quelli ufficiali, ha rilevato infatti proprio ieri che l’81 per cento dei russi considera gli Stati Uniti un Paese nemico e infido. Solo l’anno scorso gli “antiamericani”, se così si possono chiamare, erano appena il 40 per cento. Stessa cosa per la considerazione nei confronti degli europei. Non si fida di loro il 71 per cento della popolazione, il doppio di un anno fa.
L’analisi del fenomeno è presto fatta e Aleksej Grazhdankin, vice direttore di Levada, la spiega così: «I russi ritengono gli americani e i loro alleati come gli artefici della crisi economica incombente, grazie anche alle sanzioni economiche. In più, sono offesi per il ruolo di eterni cattivi in cui l’informazione straniera continua a relegarli quando descrive le crisi internazionali». Ed ecco che affiora il ruolo della propaganda incrociata. Da una parte ci sono televisioni di Stato e giornali ben allineati che continuano a martellare il loro messaggio: «Se fare la spesa è diventato quasi impossibile, se i vostri risparmi si sono volatilizzati insieme alla quotazione del rublo, se la disoccupazione è tornata a essere un problema, è tutta colpa degli americani». Dall’altra c’è il fatto che molti russi, soprattutto tra i giovani, sono ormai poliglotti, navigano su internet, seguono con insospettabile frequenza i siti di news del mondo esterno. E lo fanno con pedanteria e un pizzico di pregiudizio: si sentono accusati di essere guerrafondai e imperialisti, di volere una guerra in Europa, di pensare solamente a strategie militari e progetti di invasione.
Non del tutto, naturalmente. McDonald’s, che celebra in migliaia di cartelloni pubblicitari il 25esimo anniversario della sua presenza a Mosca, resta la catena di fast food più amata davanti all’altra americana Burger King. Al cinema si fa la coda per i titoli americani. In testa al botteghino ci sono otto titoli made in Usa su dieci. Il primo è il fantascientifico Jupiter Ascending, seguito dall’anglo britannico The Imitation Game sulla vita del genio matematico Alan Turing perseguitato nella Gran Bretagna post bellica perché omosessuale. Tema, tra l’altro notoriamente scomodo per il governo russo.
Anche i difensori dei diritti delle minoranze, delle libertà civili, che sono in costante crescita nel Paese hanno però congelato le loro battaglie. Da mesi non si parla più di manifestazioni anti-Putin. Perfino il grande contestatore Aleksej Navalnyj, considerato il “nemico numero 1” dal Cremlino, rinvia ogni occasione, prende tempo. Nazionalista com’è, dicono i suoi amici, non gli va di sposare la linea antirussa che viene da Ovest. E qualcuno al Cremlino gongola soddisfatto.
Le sanzioni e la gestione della crisi, dice la solita fonte rigorosamente anonima, ha rinsaldato tutti attorno a Putin e perfino messo a tacere il pericolo delle opposizioni da strada. E fa notare l’ironia tutta cinese di un divertito vice ministro di Pechino che ieri l’altro alle Nazioni Unite, parlando di sanzioni alla Russia, diceva ai colleghi occidentali: «Siete sicuri di aver fatto la cosa giusta?».