Corriere della Sera, 10 febbraio 2015
Il caso dell’italiano che voleva diventare jihadista ed è finito in una galera del Kurdistan. Intanto il Califfato ha sospeso il reclutamento di miliziani stranieri per il timore di infiltrazioni
Da Bologna a Erbil, solo andata. Destinazione: la jihad, la guerra santa. Era da settimane che non si avevano più notizie di Giampiero F., dopo che il 18 gennaio scorso il ministro dell’Interno Angelino Alfano lo aveva citato tra i foreign fighters italiani dello Stato islamico. Soltanto ieri si è saputo che dall’estate scorsa Giampiero è in carcere nella capitale del Kurdistan iracheno. A dare la notizia è stato il presidente della regione autonoma, Massud Barzani, in un’intervista al quotidiano panarabo al Hayat. «Una storia strana», l’ha definita Barzani, sottolineando che il 35enne è arrivato con un visto regolare dalla Turchia dichiarando apertamente alle guardie di frontiera di voler diventare un jihadista.
Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni si è limitato a confermare ieri che un connazionale è stato «arrestato a luglio scorso nella zona di Erbil» ed è «detenuto dal dipartimento antiterrorismo della regione autonoma curda». L’ambasciatore a Bagdad, Massimo Marotti, ha riferito che le autorità diplomatiche erano state informate in settembre dell’arresto di un italiano e che da allora «gli viene fornita assistenza consolare». Marotti ha aggiunto però di non avere ancora ricevuto dalle autorità locali alcun atto in cui vengano precisate le accuse rivolte all’arrestato.
Giampiero F., nato a Reggio Calabria 35 anni fa, è cresciuto a Bologna dove i suoi genitori si erano trasferiti quando era ancora bambino. Qui si converte all’Islam e frequenta circoli islamici contigui al terrorismo. Non studia e non lavora. Si crea una rete di contatti, molti in Spagna. Senza arte né parte, dopo un periodo in Andalusia (dopo essere stato pestato da un branco di adolescenti mentre dormiva su una panchina, viene segnalato a Granada come «vagabondo» dalla polizia locale), transita in Turchia per provare ad arrivare nei territori del Califfato nel nord della Siria.
Alcuni messaggi via whatsapp con altri convertiti italiani sembrano inequivocabili: «È iniziata la mia lotta contro l’Occidente predone». «Islam libertà per i popoli oppressi». «Lottiamo fino alla fine per liberare le terre schiacciate dalla violenza occidentale».
I suoi familiari, sorpresi e affranti, parlano di «lavaggio del cervello» e «plagio». Lui si dice un seguace del califfo al Baghdadi, disposto a battersi fino al «sacrificio finale».
Intanto il califfo ha sospeso proprio il reclutamento di miliziani stranieri per il timore di infiltrazioni nella rete jihadista. Questo mentre l’Isis sarebbe a corto di kamikaze (rivela il Mail Online ), per l’aumento delle defezioni dal «battaglione dei martiri», dopo la sconfitta dell’Isis a Kobane, nel nord della Siria, dove i jihadisti negli scontri contro i curdi hanno utilizzato, senza risultato, molti kamikaze.