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 2015  febbraio 10 Martedì calendario

Con il petrolio a 50 dollari e il cambio dollaro/euro a 1,10, secondo le simulazioni del rapporto di Prometeia e Intesa Sanpaolo, i costi operativi delle imprese manifatturiere italiane potrebbero flettere del 2%. Un po’ di ottimismo

Il treno da non perdere arriva da fuori e porta una bella, inattesa, spinta per l’ industria italiana nel 2015. Il rapporto annuale sui settori industriali curato da Prometeia e Intesa Sanpaolo individua nel contesto internazionale i fattori di cui le nostre imprese potranno avvantaggiarsi: dal contro-choc petrolifero, con la discesa a livelli imprevisti del prezzo del greggio, alla liquidità abbondante che la Bce si appresta a far correre sui mercati, ai tassi previsti bassi ancora a lungo, con quel che comporterà in termini di risparmio per il Tesoro che potrà dunque lasciar spazio a politiche più espansive. Anche la ripresa economica negli Stati Uniti farà la sua parte. Ma il «cauto ottimismo» come lo chiama il capo economista di Intesa, Gregorio De Felice «viene prima di tutto dalla svalutazione dell’euro: il 20% circa dal primo semestre del 2014». Se poi il pericolo di deflazione venisse definitivamente scongiurato con il Quantitative easing, allora il mix di domanda in ripresa e costi in calo, si legge nel rapporto, «porterebbe il recupero di livelli soddisfacenti di marginalità e volumi produttivi» Tutto bene, dunque? Non proprio. Basta la parola, svalutazione, per intuire qual è il rischio, «Quello che ancora non si vede è il ciclo degli investimenti delle imprese – dice De Felice —. Gli investimenti sul futuro dell’industria non si vedono da anni, gli impianti iniziano a essere obsoleti». La debolezza della moneta aiuta ma non basta. Nel tempo la crescita potrà essere sostenuta solo con la politica industriale e gli investimenti. Dal 2009 al 2013, la spesa media annua in ricerca e sviluppo (R&S) delle industrie italiane è stata dell’1,25%, cioè quasi niente. Con il petrolio a 50 dollari e il cambio dollaro euro a 1,10, secondo le simulazioni del rapporto, i costi operativi delle imprese manifatturiere italiane potrebbero flettere del 2% (un risparmio di oltre 16 miliardi di euro). I settori (e le filiere con i relativi indotti) che più dovrebbero beneficiare dei venti a favore sono la moda, la chimica e i cosiddetti energivori, come la metallurgia, i prodotti per le costruzioni, la carta.