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 2015  febbraio 09 Lunedì calendario

Il problema del debito non riguarda solo Atene. Anzi, negli ultimi anni, per colpa della grande crisi in atto dal 2007, l’indebitamento degli Stati è aumentato fortemente. Tra il 2007 e il 2014 in 47 nazioni l’indebitamento dei governi è cresciuto di 25 mila miliardi (25 trilioni)

Il debito è la grande zavorra che rischia di frenare il mondo. L’attenzione che oggi prestiamo alle vicende della Grecia non deve far pensare che il tema riguardi solo Atene. Anzi, negli ultimi anni, per colpa della grande crisi in atto dal 2007, l’indebitamento degli Stati è aumentato fortemente. In uno studio della società di consulenza McKinsey&Co., rielaborato dal Financial Times, si mostra come fossero mal riposte le speranze che la crisi potesse spingere a una riduzione del debito globale.
Tra il 2007 e il 2014 in 47 nazioni (22 sviluppate e 25 emergenti) l’indebitamento dei governi è cresciuto di 25 mila miliardi (25 trilioni). E questo pone «una minaccia alla stabilità globale» secondo il rapporto. La sola Cina ha visto quadruplicare il suo debito totale (privato e pubblico) ed è pari oggi al 282% del suo prodotto interno lordo.
È per questo che le vicende greche devono suonare come una campanello di allarme non solo per Atene, ma per l’intera comunità internazionale. Si potranno avviare riflessioni globali su come sarà possibile arrivare a una gestione del debito che non sia soltanto quella di ridurlo con politiche di bilancio restrittive che rischiano di frenare ulteriormente le economie. I suggerimenti di McKinsey vanno da un allungamento delle scadenze a forme innovative di ripartizione del rischio tra chi presta e chi riceve finanziamenti. Ma è evidente che anche i singoli Stati devono comprendere che più incisiva e decisa sarà la loro azione sul proprio debito, maggiore sarà la possibilità di avere guadagni in termini di competitività -flessibilità di bilancio. Gli Stati Uniti hanno visto aumentare, tra il 2007 e il 2014, il rapporto tra debito totale (famiglie, aziende, governi) e Pil del 16%, la Germania dell’8%, l’Italia del 55%. Speriamo che l’allarme sia risuonato anche a Roma.