Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 06 Venerdì calendario

L’avviso di Renzi a Berlusconi passa per le tv. Non è un caso che l’emendamento anti-Mediaset arrivi proprio mentre Forza Italia si frantuma

L’emendamento anti- Mediaset nel decreto cosiddetto “Milleproroghe” forse è solo un avvertimento, ma di quelli che è bene non sottovalutare, nei giorni in cui Forza Italia si frantuma. E non solo perché costa 50 milioni di euro. Sul piano simbolico, equivale a quell’improvviso incontro a Palazzo Chigi fra il premier e il commissario anti-corruzione, Cantone. Erano le ore decisive per la candidatura Mattarella e Renzi non esitò a lanciare nel cielo di Roma questo segnale implicito. Come dire: badate, se il giudice costituzionale non passa, proporrò per il Quirinale il magistrato castigamatti. Probabilmente non ne aveva davvero l’intenzione, ma la semplice ipotesi incuteva timore in alcuni ambienti.
È nello stile di Renzi procedere con crescente baldanza quando gli eventi sembrano favorirlo. Quindi non c’è motivo per cui la crisi finale del centrodestra debba impensierirlo. Come è noto, la sua tesi è che Berlusconi, non il governo, ha tutto da perdere dallo scollamento del quadro politico. E non si tratta, in questo caso, di riforme istituzionali o di costruire insieme la Terza Repubblica, ossia gli argomenti utili per la propaganda e per gli show televisivi. Si tratta in senso più prosaico della cornice protettiva per le aziende di Berlusconi: il che tocca a vario titolo il futuro di Mediaset. Il patto del Nazareno era – e in parte sarebbe ancora – un disegno per stabilizzare la legislatura e garantire al Berlusconi imprenditore, assai prima che al politico, una condizione neutra, né favorevole né ostile. Lasciando uno spiraglio aperto alla possibilità che per il personaggio ci sia un residuo ruolo pubblico dopo l’8 marzo, giorno in cui si esaurirà la pena di Cesano Boscone. Mandare in soffitta la vecchia intesa a causa del «tradimento» consumato ai piedi del Quirinale appare agli occhi di Renzi un controsenso, visto che non esiste nel circolo berlusconiano un progetto alternativo e i sondaggi danno Forza Italia sempre più in basso. Come si poteva pensare, a Palazzo Grazioli, di decidere il nome del capo dello Stato, visto che i rapporti di forza sono così squilibrati a favore del Pd e ancor più lo saranno domani, dopo le regionali?Quindi il messaggio, anche attraverso l’emendamento al “Milleproroghe”, vuole essere molto chiaro: continuate, voi del centrodestra, a sostenere in Parlamento i provvedimenti qualificanti, altrimenti la deriva politica finirà per danneggiare in modo irreversibile la ragnatela degli interessi di Berlusconi. Un piccolo ricatto, si potrebbe dire, ma di quelli che si verificano in politica quando qualcuno perde una battaglia importante e di conseguenza il suo potere negoziale scivola ai minimi termini. Berlusconi avrebbe quindi tutto l’interesse a tornare sui suoi passi e a dimenticare lo screzio del Quirinale. Del resto, la prospettiva di ricostruire intorno a se stesso un nuovo centrodestra è irrealistica. Può tentare di conservare il 14-15 per cento dei voti che il suo nome è ancora in grado di attirare, ma non di impersonare un’alternativa credibile a Renzi.Sotto questo aspetto il futuro è tutto da immaginare. C’è un problema di cultura liberale, come scrive Piero Ostellino. Uno organizzativo, come sostiene Fitto. Manca la capacità di imporre temi e sostenerli con ostinazione, come fa capire un Brunetta molto determinato (ma rimettere in discussione la riforma del Senato ha troppo il sapore di una vendetta e poi Renzi avrebbe probabilmente i voti per approvarla lo stesso). Tutti hanno ragione, nessuno è in grado di prendere in mano il bandolo della matassa. E si capisce perché. Berlusconi è una figura troppo ingombrante, dopo oltre vent’anni di palcoscenico: eppure senza di lui la destra non sa ancora quale strada imboccare. A meno di non correre a ripararsi sotto l’ombrello populista di Salvini; ma è dubbio che il capo leghista abbia voglia di raccogliere tutti i naufraghi di Berlusconi e magari anche di Alfano.